Alla Juventus bastano pochi giorni per riprendersi dall’1-1 contro il Lecce: batte 2-0 l’ormai sazio Cagliari, centra la nona vittoria in una progressione impressionante nelle ultime dieci partite e accetta graziosamente il dono dell’Inter, che abbatte il Milan nel derby. Uno scudetto con piccola pena del contrappasso, visto come i nerazzurri sono stati sempre indicati quale controparte avversaria principe nelle vicende avviate nel 2006 da Calciopoli. Scudetto numero 28, per gli annali; scudetto numero 30, per i tifosi. Ora attendiamo polemiche su terza stella o meno, che s’accompagneranno a quelle innescate dai due titoli tolti a tavolino. Resta la sostanza di un titolo meritato per la continuità avuta sul campo: nessuna sconfitta, una difesa che – sempre capita nella storia della serie A – è alla base dei successi (appena due i gol incassati nelle ultime 12 partite), la capacità di riprendersi quando il Milan sembrava aver piazzato la fuga decisiva. Antonio Conte non s’è rivelato soltanto un motivatore, ha saputo alternare uomini e sistemi di gioco a seconda delle necessità e delle circostanze. Non solo: ha saputo conquistare al primo tentativo il titolo senza aver un attaccante da almeno venti reti, che sempre caratterizza (come la difesa) chi vince. E la Juventus, pur avendo in Matri l’attaccante migliore con 10 gol (a distanza siderale dai vari Ibrahimovic, Di Natale, Cavani), ha saputo realizzare ben 65 reti, per il secondo attacco del torneo. E’ lo scudetto del collettivo ma è anche lo scudetto di Andrea Pirlo, che si prende una personalissima rivincita nei confronti del Milan (e di Allegri) che l’aveva scaricato in estate. Qualcuno rievocherà le sue richieste di un contratto triennale non soddisfabili, magari, ma la sostanza è quella di un giocatore che ha fatto girare la squadra come un meccanismo ben armonico. Ed è lo scudetto di Gigi Buffon e Alex Del Piero, gente che aveva vinto tutto e che ha scelto di restare anche quando la Juventus è finita in serie B. Una buona squadra che, per diventare ottima, avrà bisogno in estate dell’acquisto crac mancato nella stagione che si chiude domenica (e in cui, non dimentichiamolo, c’è ancora da giocare la finale di coppa Italia contro il Napoli per esaltarla ulteriormente). Servirà soprattutto un leader in attacco per confermarsi in Italia e per essere protagonisti in Champions: un’assenza, quella dalle coppe, che ha aiutato quest’anno sotto il profilo della gestione del gruppo e che sarà un ulteriore banco di prova per la crescita futura della Juventus. Tornare vincenti non basta, i tifosi bianconeri sono esigenti…
Il Milan s’arrende perdendo malamente un derby giocato bene e diretto in maniera pessima (e, a vedere le designazioni, pare che i nostri arbitri stiano perdendo considerazione anche in Europa): Rizzoli esibisce una serie di errori che non fanno passare in secondo piano il gol non dato a Muntari contro la Juventus, ma che riporta il dare-avere sul fronte arbitrale a una normale dialettica di campionato. E se Allegri deve lamentarsi di qualcosa, sono i quattro punti di vantaggio sulla Juventus buttati via soprattutto nel ko contro la Fiorentina e nel pari con il Bologna, entrambi in casa. Sono riemersi i difetti della stagione, troppo Ibra-centrica rispetto a quella del titolo, e i limiti di una squadra che ha pagato un tributo eccessivo al fronte infortuni: anche ieri sera due cambi obbligati (Abbiati e Bonera) per guai fisici. La società rossonera deve avere il coraggio di operare cambiamenti in profondità per ambire a essere ancora competitiva: il caso Pato-Psg tuttora insegna. Complimenti all’Inter e, soprattutto, ad Andrea Stramaccioni, che ha saputo toccare le corde giuste quando tutto pareva perduto. Ma anche in casa nerazzurra servirà una profonda revisione per tornare competitivi a breve. Resta così aperta una piccola speranza Champions, in una corsa in cui l’Udinese si trova improvvisamente favorita per il crollo del Napoli a Bologna (una sconfitta – in un finale di stagione negativo – che deve far riflettere in profondità): basterà un punto nella trasferta di Catania, grazie al saldo positivo nei confronti diretti contro la Lazio e il +3 su Napoli e Inter. Se sarà ancora grande Europa gli applausi saranno tutti per Francesco Guidolin, la cui bravura non ha mai goduto di buone risposte in Italia: gli hanno venduto Zapata, Inler e Sanchez, l’asse portante della squadra; lui sta replicando quanto fatto la stagione scorsa, migliorandosi addirittura di una posizione, per un terzo posto che da quest’anno vale l’ultimo biglietto per la Champions.