Zero reti a San Siro in 270 minuti, un solo punto raccolto e contro avversarie di livello degno ma tutt’altro che eccelso, visto che si trattava di Sampdoria, Atalanta e Anderlecht. Non è una maledizione legata al nuovo manto erboso-sintetico ma, piuttosto, un’involuzione. E quella del Milan sul campo certifica in maniera conseguente quella che era stata l’involuzione al mercato estivo. In passato – sotto la gestione Ancelotti, per intenderci – le magagne delle difficili operazioni in entrata erano state nascoste dalla presenza di campioni vari arrivati in lontani anni precedenti. Stavolta il gioco al ribasso è andato a unirsi all’addio alle armi degli ultimi grandi protagonisti, per un cortocircuito dai contorni preoccupanti. Giusto calmierare prezzi e ricondurre stipendi ad ambiti più ragionevoli, coraggioso puntare sui giovani ma il problema è che il gioco continua a latitare, e questo è un appunto da rivolgere alla panchina. Nel recente passato ci pensava Ibrahimovic oppure erano un’invenzione di Cassano come una zuccata di Thiago Silva a dare una svolta alle partite. Oggi questa gente non c’è più per decisioni della società avallate da Allegri e il collettivo non riesce a crescere: la fluidità di gioco è un’ipotesi e manca persino un accenno di aggressività e dinamismo che, almeno, solleticherebbe l’entusiasmo di coloro che assistono impotenti dagli spalti. Ora Malaga e Zenit (sia pure travolto in Spagna) fanno ancora più paura.
Facile, poi, immaginare i rimpianti sollevati a San Siro quando, da Parigi, sono arrivati i nomi dei primi due marcatori: Ibrahimovic e Thiago Silva. La squadra di Ancelotti conferma i segnali suggeriti in campionato e addenta gioiosa il debutto in una Champions League in cui non vuole recitare da comprimaria. Facile la manifestazione di potenza contro la povera Dynamo Kiev. Sfiora il botto anche il Manchester City, con una prestazione tutta all’italiana al Bernabeu: difesa e contropiede mortifero. Ma il Real Madrid si risolleva dai suoi guai nel momento più indicato, sia pure se con la forza dei singoli e non su quella del collettivo. Attenzione all’Arsenal, che Wenger sta ricostruendo dopo la rivoluzione dell’estate scorsa, bottino pieno per le tedesche con Borussia Dortmund e Schalke. E stasera il ritorno della Juventus.