Dalla frattura del gruppo a quella del singolo. La Roma allunga, mettendoci molto di suo, ma il balzo in avanti non sarebbe stato possibile se la Juventus non avesse graziosamente contribuito. Ha dell’incredibile quanto è accaduto al Franchi, con i bianconeri andati completamente nel pallone nello spazio di un quarto d’ora della ripresa, dopo aver chiuso il primo tempo sul 2-0. Impressiona soprattutto per la sbandata mentale che ha coinvolto una squadra che aveva fatto proprio della forza psicologica uno dei punti di forza. Gli juventini sono crollati di fronte a una Fiorentina che non stava neppure benissimo, tra assenze conclamate e dell’ultima ora. Ma la giornata di grazia di Giuseppe Rossi, la determinazione di alcuni giocatori ormai essenziali in maglia viola (Borja Valero) e la svagatezza di alcuni interpreti sul fronte opposto (da matita blu il colpo di tacco sbagliato con cui Vidal apre al contropiede del 3-2) hanno confezionato la rimonta. E la caduta. Molto preoccupante in chiave europea perché, dopo due pareggi non entusiasmanti contro Copenaghen e Galatasaray, mercoledì i bianconeri andranno a giocarsi parecchie speranze di Champions al Bernabeu contro il Real Madrid. Abbastanza preoccupante in chiave italiana, perché la Roma in questo momento è lontana cinque punti. Dicevamo delle capacità proprie dei giallorossi, emerse per intero venerdì nello scontro diretto contro il Napoli. Rudi Garcia ha dato ancora una volta mostra della propria saggezza, in una situazione in cui gli infortuni a gara in corso avrebbero potuto condizionare la squadra. Invece la Roma non si è disunita, non ha dato spazio al Napoli, l’ha colpito inesorabilmente sfruttando due calci piazzati e la maturazione definitiva (forse) di Pjanic. Il ruolino di marcia è entusiasmante, otto vittorie consecutive per una striscia iniziale che non si vedeva dal 2005-06, ultimo scudetto (poi cancellato da Calciopoli) di Fabio Capello con la Juventus. A Trigoria volano bassi – non altrettanto in città – ma se le frequenze restano alte e gli avversari si distraggono, sognare è lecito. Quei sogni che forse a Napoli erano stato un po’ frettolosi e che le ultime prove inducono a rivedere. Negli scontri diretti in trasferta (vedi anche Arsenal) la squadra di Rafa Benitez ha faticato parecchio, e questo è un limite.

Il turno ha visto anche il risveglio del Milan (positivo soprattutto per non aver sofferto dietro, in attacco si rema sempre), la buona resistenza dell’Inter in 10 in casa del Torino alla prima uscita nel dopo-Moratti, la conferma dell’ottimo Verona (alla quarta vittoria consecutiva in casa) e la seconda panchina saltare. Rolando Maran saluta Catania, dopo gli applausi incassati a scena aperta la passata stagione. Paga i 5 punti in classifica e, soprattutto, una squadra indebolitasi in estate con le cessioni di Lodi e Gomez non adeguatamente compensate. Traballa anche Petkovic alla Lazio, anch’egli alle prese con un gruppo tutt’altro che rafforzato, mentre si salvano Di Francesco, con la vittoria del Sassuolo nel derby, e Pioli, per decisione societaria. Cominciano i primi lamenti espliciti (vedi alle voci Mazzarri per l’Inter e Leonardi per il Parma) ma gli arbitri sono invece da applaudire perché iniziano finalmente a non concedere di tutto in area. E a proposito di concessioni, ieri sono stati subito arrestati i due imbecilli che in Aston Villa-Tottenham hanno centrato un assistente dell’arbitro con un fumogeno mentre in Italia stiamo a costruire nuove teorie sui cori allo stadio (come se non fossero mai esistiti) mentre permettiamo di tutto in altre circostanze ai tifosi più violenti. Se ci fosse una certezza della pena, piuttosto, a fronte di gesti scellerati (come in Inghilterra, per l’appunto), forse servirebbe di più.