Se non è una sentenza, poco ci manca. E’ vero che in Italia siamo abituati a percorrere ogni tipo di grado di giudizio prima di approdare a una (presunta) definitività, ma il della Juventus alla Roma e il più otto in classifica lasciano intuire che al 5 gennaio, e con venti partite ancora da disputare, il discorso scudetto sia stato quasi completamente scritto. A Torino la partita ha ribadito che in questo momento, e in queste condizioni, non c’è match tra i bianconeri e il resto del mondo, almeno dalle nostre parti. Per l’organico, visto che la Juventus ha costruito una squadra che avrebbe dovuto ben comportarsi in Champions League (e l’eliminazione con largo anticipo sarà il grande cruccio di stagione), con alternative di livello in ogni reparto. Per l’autostima, in questo momento altissima nelle file juventine. Chi pensava a un senso di appagamento dopo due scudetti consecutivi non ha tenuto conto delle capacità psicologiche di Antonio Conte, abile a livello tattico e abilissimo a tenere alto il limite della tensione senza mai finire in cortocircuito. Lo si è visto anche nel secondo scontro diretto in programma a Torino, pure questo vinto senza concedere spazi agli avversari e gestendo la partita in sicurezza, come contro il Napoli. La Juventus ha sfidato la Roma a entrare nella propria area e ha colpito con efficacia decisamente superiore quando ha avuto a sua volta le opportunità di presentarsi dalle parti di De Sanctis. Il risultato sono stati la prima sconfitta in campionato dei giallorossi, la prima partita in cui la squadra di Garcia ha incassato tre reti e il decimo successo consecutivo in campionato. Una serie di gare che ha ripristinato le gerarchie che la Roma aveva cercato di mutare con le proprie dieci vittorie di seguito iniziali. E la Juventus, se batte il Cagliari nella prossima partita, girerà a quota 52, con la possibilità di far dimenticare lo strapotere che seppe instaurare Fabio Capello e che si pensava non più replicabile. Sul fronte opposto la Roma ha pagato la differenza sul fronte degli uomini, innanzitutto. L’assenza di una punta centrale alla fine pesa, specie se Totti viaggia a scartamento ridotto, se Gervinho non appare in palla e se il talento di Ljajic e Pjanic latita. E poi è riemersa la solita fragilità mentale, ben evidenziata dall’entrata scomposta di De Rossi su Chiellini, che ha portato al rosso diretto replicato poco dopo dal folle “mani” di Castan per il rigore del 3-0. Con il doppio vantaggio sul fronte degli uomini, la Juventus ha avuto il buon cuore di non affondare i colpi. Certo, prima c’era stata un’ora di gioco interessante, con occasione importanti dalle parti di Buffon. Ma l’atteggiamento successivo ha ribadito come la voglia di rinascere necessiti di comportamenti conseguenti: la Roma caciarona (vedi anche le polemiche pre-gara di Totti) e sbruffona non è mai andata troppo lontana. Meglio imparare da chi sa gestire le situazioni delicate con consapevolezza e lucidità, la Juventus di Conte è buona maestra.