Test salivari a scuola per gli studenti della primaria e della secondaria di primo grado, da ripetere ciclicamente ogni quindici giorni su un campione di “classi sentinella”. È su questo modello, coniato dal Veneto (come rivendicato orgogliosamente nelle scorse ore dal governatore Luca Zaia, ndr), che si basa il piano a cui stanno lavorando il Governo e gli esperti del mondo della sanità per combattere il Coronavirus oltre alle vaccinazioni. “L’obiettivo è gravare il meno possibile sulle famiglie e allo stesso tempo garantire un monitoraggio efficace, uniforme su tutto il territorio nazionale, per controllare la circolazione del virus”, ha asserito Anna Teresa Palamara, responsabile del dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, in un’intervista al “Corriere della sera”.



Come spiegato dalla donna, il piano è in fase di limatura per arrivare ad una definizione condivisa e c’è la speranza di poterlo attivare gradualmente fin dall’avvio dell’attività didattica e di renderlo pienamente operativo in autunno-inverno, quando i virus respiratori, come il SARS-CoV-2, raggiungono la loro massima diffusione.



TEST SALIVARI A SCUOLA: COME FUNZIONERANNO?

Palamara, componente dell’ISS, ha aggiunto, sempre sul “Corriere”, che i genitori non possono sostenere l’incombenza di stare in fila per i tamponi e, pertanto, “stiamo lavorando insieme alle Regioni affinché la raccolta della saliva possa avvenire a casa, con semplici dispositivi per il campionamento, e le provette vengano raccolte in centri sul territorio, da dove verranno inviate ai laboratori di riferimento. È stato scelto il metodo di campionamento salivare proprio perché il prelievo naso-faringeo, oltre che più invasivo, sarebbe stato più complesso”.



L’obiettivo finale è quello di assicurare alla scuola la continuità didattica in presenza anche per gli alunni che, per età, tra 5 e 12 anni, non hanno accesso a vaccini pediatrici, non ancora disponibili. Intanto è già certo che nel Lazio saranno circa 18mila i test salivari a disposizione per la prima tranche di controlli a campione nelle scuole. Secondo quanto riferito da alcune fonti sanitarie, si tratterebbe di circa il 10% del numero complessivo a livello italiano.