Un capitolo sui test sierologici è stato dedicato questo pomeriggio nel corso del programma La Vita in Diretta, con l’intervento del prof Roberto Cauda: “è una delle parole a maggiore frequenza d’uso in questo momento”, ha commentato in apertura. Questo strumento serve a “mettere in evidenza nel siero, nel plasma, la presenza di anticorpi”. Grazie a questi test, dunque, potremo sapere “se ci sono gli anticorpi e fin qui tutto va bene, i problemi nascono sul significato di dare a questi anticorpi”, ha precisato il professore. Sebbene un lungo articolo presente su Nature abbia tentato di fare il punto sulla questione, secondo l’esperto i punti oscuri restano ancora molto. Come funzionano invece questi test? “Mettono in evidenza due tipi di anticorpi, quelli che compaiono precocemente e quelli più tardivamente”. Cauda ha spiegato che ci sono “vari tipi di anticorpi, neutralizzanti che conferiscono una protezione e altri anticorpi che non hanno questo carattere, non bloccano il virus”. Quindi ha aggiunto: “in Italia la chiamiamo la patente di immunità, tutti lo vorremmo molto affidabile, al momento i test che abbiamo non conferiscono questa sicurezza”. La sua osservazione è la medesima svelata dal prof Pregliasco secondo il quale i test sierologici non danno la patente di immunità. Lui, da ottimista, spera che la scienza vada avanti. Il test, inoltre, “dice quanto il virus ha circolato”. In merito alla sua attendibilità ha spiegato che occorre verificarli sul campo. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
TEST SIEROLOGICI CORONAVIRUS: COSA SONO?
Ormai lo abbiamo capito, nella fase 2 non saranno solo le mascherine a permetterci di tornare ad una pseudo normalità dopo due mesi di quarantena per il coronavirus: test sierologici, tamponi su larga scala, app “Immuni” e nuovo distanziamento sociale, tutto sarà normato nelle linee guida che il Governo Conte sta preparando per essere pronti e attivi dal 4 maggio in poi. Ma proprio sui test anticorpali che si scatena forse la “battaglia” più importante: come confermato ancora ieri dal Premier Conte nell’informativa Covid-19 in Parlamento, il commissario straordinario per l’epidemia Domenico Arcuri ha aperto una gara «in procedura semplificata e di massima urgenza» per l’acquisto del materiale necessario per eseguire i primi 150mila test sierologici, con l’obiettivo di «svolgere un’indagine campione sulla diffusione del nuovo coronavirus tra la popolazione italiana».
Il 29 aprile sarà sottoscritto il contratto con procedura trasparente, con possibile estensione di altri 150mila test ha annunciato ancora il Premier: questo significa che per l’inizio della fase 2 la sperimentazione – che comunque è in corso in più territori e strutture ospedaliere da diverse settimane – non sarà ancora ultimata. I test – che implicano un’analisi del sangue semplice – sono spesso stati visti come la “soluzione” più efficace per “stanare” il coronavirus e provare a ripartire con la vita di tutti i giorni tenendo controllato il contagio: per provare a capirne di più, intanto dobbiamo comprendere cosa siano per davvero i test sierologici. Sono esami di laboratorio effettuati su un campione di sangue della persone che cercano di approfondire la presenza di particolari sostanze – in questo caso gli anticorpi al Sars-CoV-2 – nel siero, una parte del sangue.
COME E DOVE FARLI?
Un test sierologico nella sua versione “normale” avviene tramite un prelievo di sangue venoso e un’analisi di laboratorio della provetta, tesa a misurare la concentrazione di IgG, IgA e IgM (diversi tipi di immunoglobuline): lo scopo sostanziale è quello di verificare, con opportuni reagenti, se l’organismo ha sviluppato anticorpi contro l’agente infettivo Sars-CoV-2. I vari test che saranno resi su larga scala con ogni probabilità nei vari luoghi di lavoro per poter consentire la ripresa e l’uscita da casa, si possono effettuare negli ambulatori pubblici e privati, in ospedale per i ricoverati, presso le tende triage (infermerie), «nelle ambulanze, presso postazioni di pubblica assistenza abilitate, eccezionalmente i prelievi possono essere fatti dal medico (opportunamente bardato) direttamente al letto del malato, anche a domicilio nei casi di comprovata necessità», riporta il focus di QN.
Occorre però ricordare come bisogna distinguere per bene di quali test sierologici si tratti: se quelli eseguiti dal Servizio Sanitario Nazionale come sorta di screening e mappatura del contagio Covid-19, o se eseguiti a pagamento privatamente per esigenze aziendali o personali. In questo secondo caso non serve la ricetta medica, per il primo invece occorre (a seconda delle modalità stabilite dalle singole Regioni).
TEST SIEROLOGICI, DOVE COMPRARLI (E QUANTO COSTANO)
Il problema dei test è che al momento, in attesa che venga fatta la “gara” inaugurata dal commissario Arcuri, non vi è un unico test sierologico: si raccomanda per questo motivo di eseguire analisi coronavirus su prescrizione del medico, presso strutture accreditate in modo da non incappare in truffe o meccanismi speculativi. Il costo presso le strutture certificate e accreditate si aggira tra i 40 e i 70 euro: secondo quanto stabilito dal Governo e dal Ministero della Salute, saranno accettati per il bando di gara solo i test sierologici delle aziende che producono sensibilità di efficacia non inferiore al 90%.
Già, perché l’altro problema è proprio l’efficacia da garantire al massimo per poterli poi utilizzare su larga scala nelle prossime settimane e tenere così “sotto controllo” la diffusione dell’eventuale nuova ondata di contagio, oltre che stabilire una sorta di “patente d’immunità” dal Covid-19. A differenza dal tampone, che indaga per scoprire l’infezione da coronavirus in un esatto momento, il test sierologico serve per capire come ha agito il nostro sistema immunitario ma indaga su un tempo più ampio: tradotto, il test può non vedere lo sviluppo degli anticorpi perché ancora in circolo ma il paziente essere comunque stato contagiato o esposto al Covid-19 lo stesso.
AL VIA SPERIMENTAZIONE IN LOMBARDIA
Non è chiaro dunque se si possa o si potrà avere una piena certezza sull’immunità solo a partire dai test sierologici: come ben spiega Menietti su “Il Post”, «È una domanda cruciale cui ricercatori e medici confidano di dare una risposta nei prossimi mesi, anche perché dalla durata dell’immunizzazione potrebbe dipendere il successo di un vaccino per ridurre la diffusione della COVID-19». Nel frattempo, mentre diverse Regioni hanno cominciato da tempo ad effettuare le sperimentazioni sul campo (Lazio, Toscana e Lombardia) è annuncio di questa mattina dell’assessore al Welfare lombardo Giulio Gallera che da domani giovedì 23 aprile si parte con i test sierologici nelle aree più colpite dal Coronavirus nelle province di Lodi, Cremona, Bergamo e Brescia.
«Dal 29 aprile, le analisi saranno estese a tutta la Lombardia, Milano compreso», spiega Gallera confermano l’utilizzo dei test sperimentati per settimane dall’Irccs San Matteo di Pavia: i test saranno effettuati a categorie di ben definite «i cittadini ancora in quarantena fiduciaria, soggetti sintomatici, con quadri simil influenzali, senza sintomi da almeno 14/21 giorni segnalati dai medici di medicina generale alle Ats; i contatti di casi asintomatici o con sintomi lievi, identificati dalle Ats a seguito dell’indagine epidemiologica già prevista ma senza l’effettuazione del tampone nasofaringeo per ricerca di Sars-CoV-2, anch’essi ancora in quarantena fiduciaria» riporta l’Ansa.