Uno studio cinese eseguito da scienziati della Chongqing Medical University, pubblicato sull’autorevole rivista scientifica Nature Medicine, riporta una notizia che potrebbe rappresentare una svolta nella lotta al coronavirus. Attraverso test sierologici si sarebbe accertato, prendendo come campione 285 pazienti guariti da Covid-19, che tutti sarebbero risultati positivi all’immunoglobulina G antivirale, il tipo di anticorpo responsabile della protezione a lungo termine contro un agente microbico come il coronavirus. Per Guido Silvestri, co-fondatore insieme a Roberto Burioni del Patto trasversale per la scienza, “lo studio confermerebbe che il nostro sistema immunitario predispone una risposta anticorporale contro il virus”. Abbiamo chiesto un parere al professor Amedeo Capetti, medico infettivologo presso l’ospedale Luigi Sacco di Milano.



Che peso ha questa scoperta? Siamo finalmente davanti a quello che tutti aspettavamo?

Personalmente prenderei lo studio molto con le pinze, per quanto pubblicato da una rivista scientifica molto seria. Direi che, una volta studiato a fondo, lo si potrebbe usare come base di lavoro, però da convalidare.

Che cosa non la convince?



Con tutto il rispetto per i colleghi cinesi, la scienza medica occidentale è molto diversa da come la vedono loro. Ad esempio, quando vennero a Milano, i medici cinesi ci dissero che i test sierologici non servivano a niente.

Adesso invece noi puntiamo moltissimo su questi test?

Sì. Infatti siamo solo all’inizio ed è troppo presto per sapere se potranno dirci qualcosa di preciso sugli anticorpi presenti in chi è guarito dal virus. Stanno nascendo molti ambulatori di follow up dei pazienti dimessi, stiamo cercando di farlo anche in ospedale, ma non è per nulla facile valutare la produzione anticorpale dei pazienti e la questione più importante, cioè quanto durano questi anticorpi.



Secondo lo studio cinese che si basa sui precedenti di Sars-1 e Mers, dovrebbero durare almeno 12-24 mesi. È il tempo necessario per trovare il vaccino. Che ne pensa?

Il problema è che questo coronavirus non ha niente a che fare con Sars-1 e Mers, è un virus del tutto diverso e in gran parte ancora sconosciuto.

Quindi, meglio aspettare ulteriori sviluppi?

Ci vorrebbe maggiore collaborazione da parte delle autorità per far luce su questi fenomeni, e parlo della Cina. Come italiani abbiamo un approccio scientifico ben preciso, non si tratta di opportunità per fare carriera, ma di responsabilità sociale. Il mondo occidentale, senza voler fare polemiche, rimane fermo sul modello di ripetibilità delle osservazioni. Se riguardiamo oggi i primi articoli scientifici condotti in Cina, vediamo che la descrizione clinica del virus era totalmente assente.

Un’ultima domanda: a livello epidemiologico il tasso di contagio, secondo l’Istituto superiore di sanità, sembra stia scendendo molto, tanto che R0, l’indice di contagiosità, è sotto 1 in tutte le Regioni. È così?

Non sono un epidemiologo, ma ci spero. La mia sensazione si basa sul fatto che nel periodo di Pasqua un bel po’ di gente è uscita da Milano. Chi vive in città non se ne è accorto, ma se ne sono accorti quelli che vivono nei luoghi di villeggiatura, di nuovo affollati di milanesi. Eppure non si sono verificati fenomeni di contagio, il che è un buon segno sull’abbassamento dei livelli stessi di contagio. 

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