In Parlamento è stato approvato il DDL N. 1800 che prevede un’indagine su un campione rappresentativo di 150mila italiani che verrà effettuata attraverso la collaborazione tra Istat e Istituto superiore della Sanità. L’indagine comprende un questionario da somministrare e un test sierologico finalizzato a verificare la presenza di anticorpi al virus SARS-COV-2 negli individui facenti parte del campione. Il DDL risulta molto specifico, arrivando perfino a indicare l’acquisto di frigoriferi per la conservazione dei campioni biologici.



Quello su cui si sorvola con troppa disinvoltura in questo DDL, tuttavia, è la scelta del test sierologico da utilizzare, che viene demandata al Commissario per l’Emergenza Sanitaria, e che costituisce uno dei cardini dell’indagine, per il quale, a parer nostro, sarebbe stato necessario un approccio più completo e sistematico, come meglio si specificherà più avanti.



Il problema dei test sierologici è complesso. “I test sierologici assumono una chiara e inoppugnabile rilevanza in un processo di valutazione epidemiologica che preveda il monitoraggio dei pazienti con riscontro positivo al test molecolare su tampone e già posti in quarantena”, spiega il prof. Mario Plebani, professore ordinario di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica dell’Università di Padova e Direttore del Dipartimento Strutturale Aziendale Medicina di Laboratorio dell’Azienda Ospedale-Università di Padova. “Bisogna però ricordare che i test sierologici si suddividono in due filoni: da una parte ci sono i test quantitativi, che si eseguono con saggi in ELISA o in chemiluminescenza, dall’altra quelli qualitativi, categoria della quale fanno parte i test rapidi di cui si è tanto discusso”.



Il clamore nato intorno ai test rapidi è relativo al fatto che sono molteplici i kit presenti in commercio e non tutti rispondono ai necessari requisiti di affidabilità richiesti per questa fase di approfondimento. Le aziende che desiderino immettere sul mercato i loro prodotti ne assemblano i vari componenti per poi ottenere la certificazione CE. Successivamente, devono sottomettere il dossier completo del prodotto all’ufficio competente dell’Oms per un processo di pre-qualifica e pre-validazione, necessario a ricevere una prima certificazione. Infine, per quanto riguarda il nostro Paese, è necessaria la sottomissione della documentazione al Comitato Medico Scientifico (CTS) della Protezione Civile, al Presidente dell’ISS e poi al Ministero della Salute. Di recente la stampa e tv hanno messo in risalto problematiche poco piacevoli inerenti questi aspetti.

Detto questo, quello che si vorrebbe stimare con l’indagine prevista dal DDL 1800 sarebbe il seguente rapporto:

Contagiati/Popolazione.

Se indichiamo con C una variabile che assume valore 1 se l’individuo è contagiato e 0 se non è contagiato, la proporzione di cui sopra equivale alla seguente probabilità

P(C=1)

che potrebbe essere interpretata come la probabilità che un individuo estratto a caso dalla popolazione italiana, sia un contagiato. Quindi lo scopo dell’indagine è stimare la probabilità P(C=1).

Veniamo ora a quelle che sono le osservazioni ricavabili da un test sierologico. Il test sierologico fornisce le seguenti risposte:

T=1 se il test risulta positivo, e T=0 se il test risulta negativo.

In particolare, se con Ti si indica il risultato dell’osservazione del test sull’individuo i-esimo del campione di ampiezza n, e si utilizzassero le osservazioni del campione come segue

Somma(Ti)/n

ovvero proporzione nel campione di chi è risultato positivo. Questa sarebbe una stima della quantità P(T=1), ovvero probabilità che un individuo estratto a caso dalla popolazione e sottoposto al test risulti positivo, ma non sarebbe una stima della quantità P(C=1), per il semplice motivo che C e T sono due variabili differenti.

Vediamo che relazione lega C e T, e P(C=1) e P(T=1).

Ogni test ha una certa sensibilità (A(T)) e specificità (B(T)) che, in particolare, corrispondono alle seguenti probabilità condizionate:

A(T) = P(T=1|C=1)

la quale rappresenta la probabilità che il test, applicato a un individuo contagiato, risulti positivo;

B(T) = P(T=0|C=0)

la quale rappresenta, invece, la probabilità che il test, applicato a un individuo non contagiato, risulti negativo.

Sarebbe desiderabile che entrambi fossero pari a uno, il che vorrebbe dire che il test applicato a un individuo qualsiasi, riesce a dirci senza errore se questo sia, o meno, contagiato. Purtroppo, questi test non esistono e occorre accontentarsi di test la cui sensibilità e specificità è inferiore a 1. A volte assai lontana da 1. E questo genera grossi problemi per la stima di P(C=1). Infatti, si può facilmente dimostrare, che:

  1. P(T=1) = A(T) x P(C=1) + (1 – B(T)) x (1-P(C=1))

Da cui si ricava dopo qualche passaggio algebrico che la quantità di interesse, ovvero la proporzione di contagiati, risulta pari a:

  1. P(C=1) = (P(T=1) – (1-B(T))/(A(T)+B(T)-1)

Questa formula dimostra lapalissianamente che per stimare la proporzione di contagiati in Italia, non basta avere una buona stima (ottenibile dal campione di 150mila individui previsto dal DDL 1800) di P(T=1), ma è altrettanto necessario avere una buona stima di A(T) e B(T) che avrebbero dovuto ragionevolmente essere inserite come obiettivo nel DDL 1800.

In particolare, si sarebbe dovuto pensare ad una procedura concorsuale ben precisa, questa sì da normare nel dettaglio, per la fornitura dei test sierologici e per la loro validazione.

A titolo di puro esempio la seguente tabella riporta i valori di P(T=1), ottenibili dalla formula (1). Il valore di P(C=1) è stato posto uguale al 2.2%. Tale valore è stato ottenuto come segue: in primo luogo, si sono ottenuti i contagiati in Italia dividendo i 34mila morti (dati al 10 giugno 20) per il tasso di letalità di 2.6% ricavato dallo studio sulla popolazione della Diamond Princess, quindi si è diviso il risultato per 60 milioni. La tabella 1 riporta dunque il valore di P(T=1) per diverse possibili combinazioni di sensibilità A(T) e specificità B(T) del test che si potrebbe utilizzare nell’indagine sierologica.

Tabella 1. Valori di P(T=1) per diversi valori di A(T) e B(T) con P(C=1) = 2.2%

Come si può osservare dalla tabella, P(T=1) coincide con P(C=1), solo nel caso in cui A(T)=B(T)=1, negli altri casi (che sono la norma), il valore di P(T=1) è assai distante da P(C=1) e se si facesse l’errore di utilizzare la prima per stimare la seconda si prenderebbero grossi granchi. È pertanto del tutto evidente che il valore di P(T=1) vada corretto, e il modo di correggerlo lo fornisce la formula (2), che richiede la conoscenza di A(T) e B(T).

Senza volere entrare adesso nella procedura necessaria a stimare A(T) e B(T), al di là delle dichiarazioni delle case farmaceutiche che, spesso, indicano valori elevati per aggiudicarsi la fornitura, ci si chiede qui se il DDL 1800, piuttosto che pensare ai frigoriferi, non sarebbe stato meglio se avesse delineato una seria procedura concorsuale per la selezione della fornitura dei test sierologici e la stima della loro sensibilità e specificità?

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