COME FUNZIONA IL TETTO AL PREZZO DEL GAS IN SPAGNA

Nel suo discorso all’Europarlamento il Premier Mario Draghi, lo scorso 3 maggio, lanciò ufficialmente la proposta di un tetto al prezzo del gas per provare a limitare il caro-energia, «inspiegabile anche nonostante la guerra in Ucraina». In realtà a livello europeo una misura del genere è già attiva in due Paesi, Spagna e Portogallo, ma con elementi che rendono di difficile “copiatura” per altre realtà.



Lo spiega bene oggi sul “Corriere Economia” il focus di Valentina Iorio in merito ai possibili accorgimenti sul tetto al gas e il funzionamento nei casi spagnoli e portoghesi: la Ue finora ha spiegato, nel rifiutare sostanzialmente la proposta italiana, che un tetto europeo al metano può essere introdotto solo se Mosca interromperà realmente le forniture. Madrid e Lisbona però hanno già un introdotto che va in quella direzione: «un meccanismo temporaneo, della durata di 12 mesi, che impone un tetto al prezzo del metano consumato dalle centrali elettriche», si legge sul “CorSera”. In pratica, il “tetto” viene prodotto stabilendo un prezzo di riferimento del gas di 40 euro a MWh per sei mesi, contro l’ultimo dato al mercato di Amsterdam che si fermava a 90 euro/MWh. Nel corso dell’anno quel tetto salirà poi a 50 euro, fanno sapere da Spagna e Portogallo: questo è stato possibile in quanto nello scorso Consiglio Ue del 26 marzo i Governi di Madrid e Lisbona hanno ottenuto il riconoscimento definito “eccezione iberica” al regolamento sul gas in Europa.



GAS, LA PROPOSTA DELL’ITALIA SUL TETTO AI PREZZI (E IL NO DELL’EUROPA)

In pratica, si tratta di una speciale deroga – temporanea, per l’appunto di 12 mesi – alle regole europee che tiene conto dell’isolamento quasi totale del mercato elettrico in Portogallo e Spagna.

Rispetto al resto d’Europa, la Penisola Iberica produce energia in grandi quantità da fonti rinnovabili e con 7 rigassificatori la dipendenza dal gas metano è comunque molto ridotta: per questo motivo hanno ottenuto di aver prezzi ridotti in quanto effettivamente “poco dipendenti”. Secondo le analisi fatte dalla Commissione Europea, ad oggi la Spagna esporta solo il 3% di energia in Francia e Portogallo: «cifre talmente piccole che non rischiano di avere un impatto a grandi livelli sui mercati europei. Il fatto che la Penisola iberica risulti quasi scollegata dal resto dell’Ue fa sì che un intervento sul mercato dell’energia iberico non comporti distorsioni nel resto dell’Unione», spiega il “Corriere della Sera”. Ciò non toglie che il tetto sul prezzo del gas in quei due Paesi sta creando un vantaggio molto competitivo con le aziende iberiche, da qui qualche polemica tra gli altri 25 Paesi dell’Ue si è creata negli scorsi giorni. Quando Draghi ha proposto l’estensione a livello europeo del tetto al prezzo del gas, la risposta è stata sostanzialmente “nein”: l’Italia aveva lanciato la proposta di fissare a 80 euro il tetto massimo, da assestarsi sui 60 euro nel corso del tempo. I Paesi del Nord però si sono opposti in quanto l’introduzione del tetto «altererebbe l’attuale mercato libero». Se ne tornerà a discutere nei prossimi vertici previsti a giugno in Europa, con l’altalena dei prezzi e dei rincari che intanto rendono la situazione energetica ed economica in alcuni Paesi europei – Germania e Italia in primis – a livelli comunque già preoccupanti.