The Bear è la serie tv del momento, e ha già raggiunto il record di citazioni e di commenti positivi. La seconda stagione ha ottenuto ben 23 nomination ai prossimi Emmy in programma a settembre. Jeremy White, l’attore che interpreta Carmy Berzatti, è ormai un mito. Ayo Edebiri, la giovane e simpatica attrice che veste i panni di Sidney Adamu, la vice di Carmy, è dappertutto. Decine di frammenti di backstage hanno invaso i social media, rendendo i nostri protagonisti, se possibile, ancora più famosi e simpatici. Ora, sinceramente, cosa possiamo aggiungere a proposito della nuova stagione, la terza, di The Bear?



Intanto che è bellissima. E qui niente di nuovo. Supera, se si può usare un tale termine di paragone, le stagioni precedenti? Sì, certo, per quanto possibile, e per quanto altissime, le aspettative sono state pienamente rispettate. Ma è anche nuova, più profonda, più attenta agli altri, diciamo anche più “umana”. È come se l’obiettivo del regista si fosse allargato fino a mettere in primo piano tutti i nostri personaggi, anche quelli minori, o come si dice oggi, i “non protagonisti” della serie. Figure che avevamo amato quanto Carmy e la giovane Sidney, ma di cui sapevamo fino a oggi poco o nulla.



The Bear 3 riprende dal giorno dopo della tragica serata di inaugurazione del nuovo ristorante che ha preso il posto della vecchia paninoteca di Mike. Carmy incautamente era finito nella cella frigo, quello con la porta rotta, e lì era rimasto imprigionato per tutta la serata, offrendo a Sidney la possibilità di dimostrare tutto il suo valore. È lei che consente agli ospiti di apprezzare il menù e di portare con successo a conclusione la “prima”. Ma intanto Carmy è in preda a una crisi di nervi e ha incominciato a urlare e a inveire contro tutti, soprattutto contro Claire, la sua fidanzata. Claire ascolta cosa realmente Carmy pensa di lei e abbandona il ristorante sconvolta.



L’indomani, tirato fuori dal frigo, il nostro geniale ma isterico chef non trova la forza di chiedere scusa a nessuno per quello che è successo, e soprattutto per quello che ha urlato. Ma sopratutto non trova le parole per chiedere scusa a Claire. Decide invece di riprendere il suo lavoro come se nulla fosse successo. Anzi, egli è ancora più determinato a imporre il suo punto di vista, i suoi principi irrinunciabili, il suo catalogo delle decisioni immodificabili. Tutto questo perché ha chiaro cosa deve fare la sua squadra: non dormire sugli allori, non accontentarsi del primo successo ottenuto, e puntare alla prima stella Michelin.

Stavolta, come dicevamo, i protagonisti sono gli altri. Mentre Carmy continua a tormentarsi perché non trova la forza di chiedere scusa all’amore della sua vita, e Sidney è sopraffatta da nuove e allettanti offerte di lavoro, sono gli altri a prendersi la scena. In particolare i quattro personaggi che avevamo considerato fino a oggi minori: la sorella di Carmy, Natalie, in procinto di partorire; la chef Terry, interpretata dalla grande Olivia Colman, maestra di Carmy e che ha deciso di chiudere il suo ristorante super stellato; Richie, l’amico storico di Mike, il fratello di Carmy e Natalie, con alle spalle un divorzio difficile; e soprattutto Tina, l’aiuto cuoca di origini latine, che combatte da una vita per difendere il suo lavoro e la sua dignità. A loro sono dedicati interamente almeno 4 dei 10 episodi e rappresentano l’ossatura  del racconto della terza stagione.

E poi c’è quella Chicago lì. Sì, non la città in festa di cui si è parlato a lungo nelle serate della Convention Democratica, ma la città che conosce solo chi ci ha vissuto, quella della metro sopraelevata, dei canali usati ancora dalle industrie, dei ghetti e dei panini umidi pieni di manzo, delle enormi colazioni a base di uovo e bacon da Mitchell dove finisce – o inizia – la 66. E poi sullo sfondo quel lago che sembra un oceano e quelle luci inconfondibili che ti dicono che sei proprio a Chicago.

The Bear 3 finisce così, con una promessa a cui tenevamo molto: semplicemente che “continua”.

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