George Harrison sbadiglia quasi da slogarsi la mascella. Ringo sta sulla batteria in quel modo unico che aveva lui di suonarla, così in alto rispetto ai tamburi da doversi piegare su di essa. Non apre mai bocca, non fa mai un commento, non dà mai un suggerimento. Aspetta solo di seguire le indicazioni, di accompagnare la musica, ma, incredibilmente, non è mai annoiato come George. Fa il suo sporco lavoro e sembra soddisfatto di farlo. John e Paul… tutta un’altra cosa. Loro sono i Beatles.
Si guardano fisso negli occhi mente abbozzano le canzoni, si sorridono, nonostante l’area dimessa della situazione, ogni volta che partono con due accordi di chitarra e basso, sono contenti. C’è una alchimia fra di loro che non si è mai vista fra alcuna coppia di compositori di canzoni. E’ il gennaio 1969, hanno capelli e barba lunga, sono quasi trentenni, ma ogni momento è come se fossero ancora nel salotto di casa McCartney a Liverpool, nel 1958, quando bigiavano la scuola e si trovavano a comporre le prime canzoni.
Canzoni che non a caso, per mancanza di materiale, si mettono a tirare fuori e a rimetterci mano. Il concetto di queste sedute ai Twickenham Studios è quello di tornare a suonare tutti insieme live, senza sovra incisioni, senza trucchetti, come il gruppo che erano a inizio carriera.
Il problema è che manca l’ispirazione. John, con l’immancabile “vedova nera” appiccicata come una cozza al suo fianco, Yoko Ono, che fa i cruciverba, legge il giornale, si fa i cazzi suoi ma non si stacca da lui, è evidentemente assente mentalmente, ma non è incazzoso. Segue le indicazioni di Paul, ma non fa molto per darne di sue. A un certo punto Paul sbotta: “Sono due anni che mi avete messo in questa condizione, quella di fare il boss. Ma io non lo sono, non voglio farlo. Ma se non avete più voglia di suonare, allora lasciamoci”. “Divorziamo” suggerisce George Harrison malizioso. Ma appare evidente che nessuno voglia farlo davvero.
Una cosa è certa e evidente come appare nel primo episodio del film di Peter Jackson: i Beatles erano Paul. Già Sgt Pepper era stata una sua idea e solo lui aveva potuto portarla a termine. Qua lo si vede dirigere, indicare gli accordi giusti, le intonazioni da seguire. Lennon ad esempio ha solo un abbozzo di Don’t let me down, è McCartney che trova il modo di farne una canzone completa. Che lo voglia o no, è lui il boss, è lui i Beatles, è lui l’unico che ama ancora questa creatura e chiede a tutti di metterci entusiasmo, li supplica. Ed è quello che più di tutti sa suonare, dando indicazioni tecniche di continuo o come eseguire una canzone. Harrison a un certo punto sconfortato ammette di non essere nulla di che come chitarrista: “Tanti chitarristi sanno prolungare un assolo ma suonano a casaccio. Un assolo di Eric (Clapton) segue uno schema, va a finire da qualche parte, trova una soluzione. È molto difficile da fare” dice. John Lennon: “È jazz”. George Harrison: “No, è Eric!!!”.
I Beatles discutono del concerto live, idea di McCartney ovviamente, ma non riescono a mettersi d’accordo. Imbarazza la schiera di uomini in giacca e cravatta over 50 che si muovono avanti e indietro per lo studio, impiegati della Emi a sorvegliare il loro capitale, inutili, quasi dei Men in black, e poi tutta una schiera di “yes men” che corrono a prendere tazze di tè, bottiglie di birre. George Martin è presente, ma guarda e non dice mai niente.
Il momento più toccante è quando ricordano lo scomparso Brian Epstein: “Ci manca una guida, ci manca uno come Brian che ci dava disciplina. Ci diceva di mettere una giacca e noi lo facevamo, anzi no. Però era nostro papà. Da quando è morto siamo senza una guida”. Ecco. Questa è la verità. I Beatles si stanno sfaldando, si stanno lasciando.
George Harrison perde la pazienza e urla a Paul: “Vuoi che suoni la chitarra? Va bene farò come dici tu. Vuoi che non la suoni? Ok non la suono. Sto facendo di tutto per essere utile ma a te non va mai bene niente di quello che faccio”. Lennon lo umilia con il suo tipico cinismo: “Oh abbiamo una canzone di George? Una Harrisong?”.
Provano quelle che diventeranno Gimme some truth, Jealous guy, All thing must pass. Finiranno tutte nei loro dischi solisti, sono già oltre. E’ solo il primo episodio ma i Beatles, il più grande gruppo rock di tutti i tempi, sono già finiti. Non c’è acrimonia, solo noia. Nella vita, anche nei matrimoni, ci si lascia per quello, per noia, non per rabbia o gelosia. E come nei migliori matrimoni, i protagonisti sono tutti belli, bellissimi. E questo film ce li consegna così per sempre. Come ha detto il regista, anche in un momento così deprimente, “Non riesci ad ascoltare una canzone dei Beatles senza sentirti felice”. Nonostante tutto.