Gli appassionati di libri e serie tv thriller o gialle fra i quali mi colloco immagino abbiano la mia stessa necessità di giungere a mediazioni indispensabili con la compagnia con la quale condividono le serate televisive e, talvolta, acconsentire a “quella miniserie rosa sentimentale” soprattutto dopo che l’hai costretta (lei) a vedere il nuovo filone noir islandese dai toni cupi, lenti e naturalmente freddi.



Non esiste, però, mediazione di sorta se il film o serie proposta come base di accordo è di contenuti religiosi, buonisti o da family day… perché allora piuttosto Mamma ho perso l’aereo. Ma se colui con il quale hai condiviso tante guerre, battaglie, omicidi televisivi durante la sua giovane età (tuo figlio), nella pausa natalizia universitaria con nonchalance ti butta lì “perché non vi guardate The Chosen? È quella che gira di più, è un passaparola, parla della vita di Gesù”, a te non resta altro che dare fiducia a quel compagno di trincee televisive. Naturalmente non senza quella piccola riserva di guardarne due o tre puntate al massimo, lasciare perdere, dirgli che “è sempre la stessa storia “e che “non era male, comunque grazie” tanto da evitare quelle fratture tra generazioni così care agli psicologi.



Però l’imprevisto talvolta accade e dalle tre sole puntate premeditate, ti “spariinsteccaduestagioni”.

Lo ammetto, inizialmente lentamente, ma poi sempre più intensamente ti prende. Ti prende quella familiarità di Gesù e dei suoi amici, riempie visivamente quegli spazi inespressi dei Vangeli, tocca con sensibilità quei tasti di umanità sofferente e dolorante mendicante di Lui descritta in quegli “appunti” evangelici, dà volto a quegli uomini e donne che in certi momenti hai tratteggiato nei pensieri nel tuo peregrinare.

Chi almeno per una volta non ha cercato di immedesimarsi in quelle pagine e in quello che in quelle pagine non c’è descritto? Come poteva essere camminare, mangiare, sudare, gioire, soffrire con Lui?



Certe scene o dialoghi resi negli episodi non si scordano facilmente – Maria di Magdala, il paralitico calato dal tetto, Nicodemo, il buon samaritano, il buon pastore, la Samaritana, il prologo di Giovanni – ti si attaccano come post-it, flash di memoria. E poi quella semplicità, familiarità e calore umano nel Gesù interpretato da Jonathan Roumie, attore cattolico di padre egiziano, lascia il segno.

E poi… si sorride, sì si sorride di altre scene e momenti, anche di certe “americanate” tipo lo zainetto di Gesù (fa molto designer della moda da Bovisa) o le strizzate d’occhio di Gesù ai suoi (ma da quanti secoli esiste questo?), ma ci si commuove anche, proprio nel senso di “muoverti verso”, di volerti avvicinare per…

D’altronde, il regista stesso Dallas Jenkis della produzione indipendente Angel Studio, con gli episodi finanziati unicamente in crowdfunding, lo scrive all’inizio del primo episodio che è “un invito a leggere e ad approfondire i Vangeli”.

Non sono un teologo, un critico cinematografico o quello che volete voi, ma se The Chosen serve ad avvicinare questo “fatto” che ha cambiato il mondo e a farsi guardare così, magari aprendo qualche spiraglio di immagine o riflessione, beh… forse val la pena di guardarla.

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