Nel film The Crow – Il Corvo, Eric (Bill Skarsgård), ancora ragazzino, ha conosciuto un dolore atroce per la perdita del suo amato cavallo, lacerato dal filo spinato. Una perdita da cui non si è mai ripreso, abbandonato nel dolore e nella disperazione che l’ha trasformato in un giovane emarginato, rifugiato nella droga e nella solitudine. Rinchiuso in un centro di recupero, che pare un carcere, incontra Shelly (FKA twigs), in fuga dai suoi aguzzini, internata per caso. Basta uno sguardo per capire che i due sono fatti l’uno per l’altra e meritano una seconda possibilità. Sboccia l’amore, la passione e la voglia di tornare a vivere. Ma il passato di Shelly si ostina a tornare per demolire la fortuna di un amore puro, trovato per caso.



Nel 1994 usciva Il Corvo, film generazionale adorato dal pubblico, reso immortale dal sacrificio involontario di Brandon Lee, figlio di Bruce Lee, morto sul set a causa di un colpo di pistola accidentale. Una storia cupa, visivamente iconica come il personaggio originario, stereotipo della rockstar ombrosa e maledetta. Una storia nata dalla sofferenza dell’autore, James O’Barr, che ha vissuto in prima persona il trauma della perdita della fidanzata, investita da un ubriaco. “Quando qualcuno che ami muore, sperimenti davvero cos’è il vuoto e la solitudine. E mai, e poi mai, e poi mai potrai perdonare”. Lo struggente dolore disperato dell’autore ha animato l’originario graphic novel che è diventato film e oggetto di culto, capace di ispirare l’iconografia e la cultura popolare degli anni Novanta.



Trent’anni dopo rinasce, al cinema, nelle mani del regista britannico Rupert Sanders, che affronta una sfida difficile da vincere. Al suo fianco Bill Skarsgård, figlio del celebre Stellan, star svedese riprogrammata per il globo.

Provando a sospendere il confronto impari, cerchiamo per un attimo di guardare il film con gli occhi contemporanei. E vediamo l’amore romantico, costruito frettolosamente in un incontro fatale, ai margini della società. Un incontro salvifico che porta speranza nella vita di due ragazzi che imparano ad amare per la prima volta. E sognano futuro.

Ma il dramma è dietro l’angolo. L’idillio amoroso diventa sete di vendetta e il viso tatuato e sofferente di Skarsgård si pitta di nero, per annunciare l’arrivo di un altro film. Quello splatter e violento che taglia copiosamente i corpi dei malvagi, che eruttano sangue, mentre ricuce quello del giovane e disperato Bill, reso immortale dall’amore puro che salva. Una favola dark, vissuta tra la terra e il limbo, dove l’amore decide se scendere all’inferno, volare nel cielo o vivere per sempre sulla terra malata di dolore.



Un scenario piuttosto scuro e inquietante, con l’epica dell’eroe costruita a vistose pennellate di black, visivamente gustosa nel volto segnato del vendicatore che è un po’ corvo, un po’ Bronson, un po’ Joker, un po’ Keanu, un po’ Lauro, di nome Achille.

Non male il vomitevole antieroe Danny Huston, figlio del grande regista novecentesco che ha fatto la storia del cinema. Non male nemmeno l’eccidio dei cattivi, eccessivo e smisurato, ballato al ritmo della lirica che gli suona accanto, in una danza di morti accumulati. Non male nemmeno la puzzolente atmosfera del luogo non luogo che è un edificio abbandonato dalla vita, post industriale e demoniaco, dove si decide il viaggio degli uomini che non ci sono più. Non male, e non poteva essere diversamente, l’ingombrante presenza del corvo che ietta dall’alto senza perdersi nulla dell’amore che odia per amore.

Abbastanza per rinnovare il mito? Anche no. Certi amori non esistono più.

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