Alla fine della fiera, serve ancora questa benedetta monarchia alla società britannica? Ha ancora senso tenere in piedi nel XXI secolo questo castello di procedure obsolete e questi titoli roboanti che si perdono nella notte dei tempi? A questa domanda precisa la risposta è altrettanto netta: assolutamente si! Questo in sintesi il messaggio – astuto, ma esplicito, argomentato e ben costruito – che Peter Morgan e gli autori di The Crown hanno voluto lasciare nel momento in cui hanno salutato, dopo quasi 10 anni, il loro pubblico.
La sesta e ultima stagione ha dovuto affrontare una prova imprevista, la morte della regina avvenuta nel settembre del 2022, il tripudio mondiale che è stato rivolto al suo lunghissimo regno, l’abbraccio di un popolo intero e di tutte le sue generazioni intorno alla vecchia regina in un funerale di altri tempi. Eppure questa che sembrava una difficoltà insormontabile è diventata la chiave di lettura attraverso cui chiarire un passaggio essenziale della vita di Elisabetta II.
Già in altri momenti cruciali del suo regno la longeva regina inglese aveva dato dimostrazione di capire fin troppo bene quello che accadeva intorno a sé, e, nonostante le apparenze, a considerare con attenzione tutte le possibili soluzioni. Non vi è mai stato da parte sua un ottuso diniego alle innovazioni. Così quando dopo la morte tragica di Diana, Elisabetta deve confrontare il suo basso grado di popolarità con quello in forte ascesa del giovane e rampante nuovo Primo ministro laburista Tony Blair, non esita ad affidare proprio a lui, nel corso di uno dei tradizionali incontri settimanali, il compito di studiare delle soluzioni.
Blair accoglie con soddisfazione l’incarico – che del resto è previsto dalla stessa Costituzione – di consigliare la regina e non lesina suggerimenti e proposte di “modernizzazione” del ruolo della corona che altro non sono che un evidente tentativo di rendere del tutto superfluo il ruolo del monarca. Elisabetta ascolta, verifica di persona ogni proposta di modifica o di taglio al suo budget – da antologia la scena dell’udienza con il protettore dei cigni reali – e alla fine decide che dei cambi proposti da Blair non ne farà neanche uno, perché la monarchia è esattamente questo: custodire una tradizione, che al contempo è conservazione della storia e garanzia di continuità per il futuro. “Nessuno si aspetta da noi la normalità, noi dobbiamo rappresentare qualcosa che nella vita comune non esiste” dirà a un sorpreso Primo ministro, che già sognava di prendere il suo posto.
Sappiamo come sono andate le cose, quando dopo pochi mesi la popolarità del giovane Primo ministro precipitò a causa della rovinosa guerra in Iraq – mossa insieme all’alleato americano sulla base di una bugia, e cioè che fossero state trovate le armi chimiche di Saddam – la corona riconquistò il suo prestigio e riprese il suo corso.
Eppure i quei momenti drammatici la regina pensò seriamente – questo almeno è la tesi degli autori – di abdicare a favore del figlio Carlo – un impeccabile Dominic West – ormai sufficientemente vecchio e involuto nella sua storia sentimentale con Camilla. Ma è proprio in quei momenti di riflessione, in cui Elisabetta è drammaticamente sola con se stessa (qui l’interpretazione di Imelda Staunton diventa superlativa) che le si svela la realtà: la forza della monarchia è racchiusa nel suo futuro. È già oltre Carlo, ed è sempre più chiaramente affidata alla popolarità del giovane William, interpretato da Ed McVey, ragazzo perbene che affronta il suo compito con serietà e senza sbavature, e che ha ora una giovane fidanzata, bella e intelligente, quella Kate Middleton (nei cui panni troviamo una predestinata Meg Bellamy) perfetta per il ruolo di futura regina, anche se priva di un blasone in famiglia.
Non era facile dare una conclusione logica a una favola, e al tempo stesso mettere la parola fine a una vicenda reale e conosciuta da tutti. Non solo gli autori ci sono riusciti perfettamente, ma si è anche fatto in modo che nulla fosse perso in termini di qualità e interesse per la finzione televisiva. Quindi l’anno 2023 si chiude degnamente con l’addio a una serie tv di altissimo livello che ancora una volta ha dimostrato che solo la realtà è la fonte principale della nostra immaginazione.
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