Musicista dotato di una fantasia capace di accendersi a contatto con le più disparate suggestioni George Crumb (Charleston, 24 ottobre 1929) è uno dei più importanti compositori viventi. La pagina di cui parleremo, intitolata Vox Balaenae (La voce della balena) è stata scritta nel 1971 e prevede un organico a un tempo consueto e particolare.
I tre strumentisti (flautista, violoncellista e pianista che suonano strumenti amplificati) secondo le indicazioni dell’autore devono infatti indossare una maschera e l’intero palco deve essere immerso in una soffusa luce blu. Questo espediente “teatrale”, non raro nella produzione del Nostro, mira a “disumanizzare” gli interpreti che, di fatto, sono chiamati a dar voce a ciò che “voce” non può avere, ovvero al mistero della vita nascente.
Il riferimento alla balena (importante anche a livello musicale, come vedremo) diventa così il pretesto per una più profonda analisi dell’origine e del fine della vita sulla terra.
Il brano inizia infatti con un singolarissimo Vocalise (…for the beginning of time) in cui il flautista è chiamato ad eseguire la sua parte e, contemporaneamente, a cantare nello strumento. L’effetto è di grande suggestione e mira esplicitamente a riprodurre il “canto” delle balene. A un livello più profondo però l’implicita citazione del celebre “Quatuor pour la fin du temps” di Messiaen (in Crumb si parla di inizio del tempo) e la doppia “voce” del flauto adombrano un significato teologico evidente: l’inizio del tempo è gesto creatore di un soffio (spiritus) che ha nel contempo un corpo materiale (lo strumento) e immateriale (lo spirito appunto) ed è suono, voce, in una parola, Verbo.
Dunque ci troviamo di fronte a un tentativo di resa analogica dell’atto creativo originario. L’ingresso del pianoforte [2’45”] con i suoi sfavillanti accordi commenta in maniera eloquente il dettato flautistico attraverso una figura sonora di grande evidenza che verrà ripresa anche nel seguito del brano. Dalla “voce” creatrice cominciano a emergere elementi più netti e stagliati tra cui vale la pena di segnalare una esplicita citazione (appena variata) dello straussiano “Also sprach Zarathustra” [2’51”]. Tra l’altro, sia detto per inciso, la similitudine tra la balena e il Mistero creatore e inafferrabile ha una lunga tradizione che nel Nuovo Mondo si concretizza in quel capolavoro che è il Moby Dick di Melville.
Il numero successivo presenta quello che l’Autore chiama “Sea-theme” (Tema del mare) che fornirà il materiale per le successive cinque brevi variazioni.
La voce arcana del violoncello mima con perfetta aderenza il sibillino canto dei cetacei che si pone dunque alla base non solo dell’atto inaugurale della “creazione” illustrata nel primo numero ma anche della sua prosecuzione storica. È particolarmente interessante notare come l’eterea linea violoncellistica, accompagnata dagli arcani accordi pianistici prodotti direttamente sulle corde dello strumento, appaia singolarmente affine a quello “Spirito che si libra sull’abisso” di cui parla la Scrittura.
La prima variazione [1’48”] si riferisce al periodo Archeozoico, ed è costituita da una sottile filigrana di suoni pianistici (ancora prodotti agendo direttamente sulle corde) e violoncellistici che appaiono come una sorta di concrezione primordiale dell’immoto oceano del tema. Quello che viene qui mostrato è un mondo in cui la coscienza non è ancora apparsa e il rapporto con la realtà è puramente meccanico. Nella seconda variazione [3’11’’] Crumb esplora il periodo Proterozoico: sulle profondità segnate dal pianoforte il flauto comincia a profilare frammenti di melodia (citata dall’iniziale Vocalise) che vengono interrotti da pizzicati del violoncello (ripresi dal Sea-theme).
Un nuovo tassello si innesta nel mosaico della “scoperta dell’origine” e il primo barlume di coscienza (ancora frammentata e legata a doppio filo all’elemento primordiale) si manifesta, librandosi sopra la materia ancora opaca intessuta da pianoforte e violoncello.
Con la successiva terza variazione, ispirata al Paleozoico, un nuovo fermento di vita attraversa la composizione, con il flauto e il pianoforte che articolano i loro ritmici disegni su cui il violoncello distende le lievi pennellate del Sea-theme con i suoi glissando. La natura si anima ed una voce più netta (eco della Voce primordiale comparsa nell’iniziale Vocalise) si presenta all’ascolto e alla contemplazione.
È davvero impressionante notare come Crumb sappia trattare la materia musicale in modo vivo ed eloquente, disegnando scenari in cui, a uno sguardo non superficiale, si possono rintracciare le tappe che la coscienza di ognuno ha dovuto seguire per arrivare a quella piena consapevolezza che costituisce il patrimonio decisivo dell’essere umano.
La quarta variazione (Mesozoico) [1’11”] è una sorta di danza in cui su un giubilante “ostinato” pianistico il flauto ed il violoncello riprendono con baldanza la melodia del Vocalise, ora capace di articolarsi in maniera più compiuta.
È difficile non notare la similitudine che esiste tra il carattere gioioso di questo pezzo e il biblico “E vide che era cosa buona”.
L’ultima variazione (Cenozoico) [2’28”] si presenta come sintesi e ricapitolazione di tutto quanto abbiamo udito fino a questo momento. Così l’effervescente linea flautistica e violoncellistica (introdotta ed intercalata da possenti accordi pianistici) trascolora gradualmente riprendendo con sempre maggior evidenza elementi già comparsi nel Vocalise e nel Sea-theme.
Ritroviamo allora [3’27”] la citazione dallo straussiano Zarathustra (simbolo, per Crumb della comparsa dell’uomo) e la voce misteriosa delle balene [4’28”].
Il circolo sembra chiudersi e così, al termine di questo cammino, Crumb ci spinge a guardare con occhi nuovi l’Origine da cui tutto il brano è scaturito, l’abbraccio alla realtà tutta essendo eloquentemente mimato dalla ripresa del materiale di partenza. Come direbbe Eliot, dopo tanta strada “sapremo il luogo per la prima volta”.
È tutto qui? Crumb sembra rilanciare questa domanda approfondendola implicitamente con un’altra, ancor più decisiva: cosa succede quando io prendo coscienza piena di tutto ciò che mi circonda?
La risposta arriva con la struggente poesia del movimento finale, il Sea-nocturne (…for the end of time) (Notturno marino… per la fine del tempo).
Qui assistiamo a un’anabasi, a un’elevazione costante che, partendo dall’etereo fischio iniziale (memoria del mare e del mistero che avvolge la realtà), giunge alla contemplazione stupefatta di tutto il creato, luogo di una pace non inerte (tutti i temi della composizione vengono qui convocati e sovrapposti) ma piena di quel dinamismo che spinge a scoprire, con inesausta tensione, il vero.
Allora la dolce nenia pianistica [0’54], contrappuntata dal caleidoscopio di flauto e violoncello, appare come la sub-stantia, ciò che “sta sotto” (alla radice, all’origine) della realtà e che tutta l’abbraccia, che è Mistero (nell’apparente contraddizione di un movimento che è anche stasi in quanto costante ripetizione degli stessi elementi) ed è tenerezza (in quanto tutto sostiene, letteralmente).
Allora la risposta alla domanda iniziale emerge in tutta la sua affascinante potenza e Crumb ci aiuta a comprendere come la ragione dell’uomo, al suo vertice, sia apertura inevitabile verso un “oltre” di cui la realtà ci testimonia l’ineffabile e amorosa dolcezza.
Così la “Voce della balena” diventa la voce del cosmo intero, la voce delle stelle che, come dice il Libro di Giobbe, “cantano in coro” le meraviglie del creato. Anche per questo ringraziamo un artista (nel giorno del suo ottantesimo compleanno) che davvero ci è Maestro.
Clint Davis – Piano
Rachel Nozny – Flute
Maggie Thompson – Cello