Nella storia della musica del XX secolo non moltissimi sono i compositori che hanno dedicato pagine al Natale. La festa più amata sembra dai più relegata in quella specie di limbo infantile che suscita al massimo un (fugace) sentimento di bontà nel cuore delle persone “serie”. Meno male che gli artisti non sono “persone serie” ma sanno prendere davvero sul serio quello che hanno davanti (proprio come fanno i bambini). Così George Crumb ci fa “vedere” con i suoi occhi il Natale nella sua “A little suite for Christmas A.D. 1979”, una raccolta di brevi pezzi pianistici che proprio nelle vicende della nascita di Gesù trovano sostanza poetica e ispirazione.

La splendida raccolta prende le mosse da una suggestione molto concreta ovvero dagli affreschi giotteschi di S. Maria in Arena di Padova (la cosiddetta “Cappella degli Scrovegni”).
Della suprema arte pittorica del grande toscano Crumb “commenta” esplicitamente due affreschi, “La Visitazione” di Maria a S. Elisabetta e l’ “Adorazione dei Magi”. Gli altri cinque brani si dispongono intorno ai due appena citati costituendo di fatto una sorta di loro ampliamento prospettico.

La Suite si apre dunque sugli arcani accordi introduttivi di “The visitation” (La Visitazione): il pensiero va qui alla figura dell’anziana Elisabetta che, vedendo la giovane Maria, è colpita dalla sua umile maestà. Subito si introduce nel tessuto sonoro un secondo elemento giubilante (I 0’29”), vero e proprio corrispettivo musicale del Magnificat che prorompe dal cuore della Vergine all’udire le parole dell’anziana ospite. Dopo la ripresa degli accordi di Elisabetta (è singolare notare come Crumb riesca a rendere il commovente e tenerissimo scambio di sguardi tra le due protagoniste della scena nell’alternanza dei motivi a loro legati) troviamo una eterea figura (I 1’14”), eseguita agendo anche direttamente sulle corde del pianoforte, figura che pare circondare di un alone luminoso e ineffabile l’intera scena.

Nina Ovarth, Pianoforte 

Dopo il piccolo interludio dal carattere pastorale (I 1’19”) la pagina si conclude con la ripresa degli arcani accordi iniziali e con la giubilante figura di Maria.
“The Visitation” ci mostra così, in questo alternarsi tra la contemplazione stupita e quella gioia fattiva che è il canto di lode, il vero cuore della Madre della Carità cui è intitolata la Cappella padovana.

Di segno differente è il secondo numero (I 3’00”) la “Berceuse for the Infant Jesu” (Ninna-nanna per il Bambino Gesù) in cui a dominare è la figura del Bimbo appena nato che viene cullato da un dolce e delicato disegno che sostiene una semplice, incantevole melodia pentafonica (ovvero scritta usando solo cinque note).
A punteggiare la scena troviamo arcani accordi (I 3’20” – 3’49” – 4’12”) che ben rappresentano lo stupore dell’intero creato per il Miracolo che si è compiuto.

“The Sheperd’s Noël” (Il Natale dei pastori) (I 4’36”), terzo brano della Suite, è costruito a partire da due elementi: una melopea che vuole imitare i semplici, rozzi strumenti a fiato popolari (I 4’36”) e una figura in note ribattute (memoria del giubilo del Magnificat) (I 4’41”) che interrompe la linea principale.
L’elementarità del dettato musicale (costituito praticamente solo da una monodia che viene in alcuni casi sovrapposta a se stessa in canone), simbolo e figura di quella dei pastori, è nel contempo un richiamo a una posizione semplice e vera nei confronti del Dio che si fa carne.

Anche qui, nell’ampliamento delle possibilità timbriche del pianoforte (con ampio uso di pizzicati e armonici prodotti agendo direttamente sulle corde dello strumento) possiamo leggere in filigrana lo stupore per la novità introdotta nel mondo dall’avvento di Cristo.

L’incipit del quarto brano “Adoration of the Magi” (L’adorazione dei Magi) (I 5’39”) unisce le suggestioni pentafoniche della “Berceuse” con i nuovi timbri pianistici. L’effetto complessivo è quello di una misteriosa attesa, di una dolce melodia udita da lontano.
Quando il medesimo disegno ritorna, finalmente liberato dalle “catene” che lo imprigionavano, (I 6’31”) trasmette una trascinante sensazione di compimento e di liberazione.

 

Nina Ovarth, Pianoforte

 

 

Anche qui le similitudini con quello che abbiamo chiamato “motivo del Magnificat” (note ribattute, registro acuto) sono evidenti e illustrano, analogicamente, la dinamica della diffusione della gioia che, dal “fuoco” della scena costituito dalla Sacra Famiglia e dall’angelo che l’affianca, si trasmette a tutti il livelli della natura (incredibile in Giotto è lo stupore del cammello che vede il Bambino) con una sorta di contagio virtuoso.
 

In fondo non è ancora questa la modalità con cui oggi Cristo incontra ogni uomo?
Il quinto numero (II 0’20”) si apre col tripudio angelico della “Nativity Dance”. I misteriosi accordi iniziali di “The Visitation” vengono qui ripresi nella pienezza della gioia natalizia. Tutto il brano è un’entusiasmante esplosione di giubilo e diversi elementi già incontrati (compresa la “Berceuse” per il Bambin Gesù) compaiono qui trasfigurati nella abbagliante luce della mangiatoia di Betlemme.

Il “Canticle for the Holy Night” (II 1’59”) (Cantico per la Santa Notte) alterna una filiforme e tenerissima melopea con una ampia citazione del “Coventry Carol” (composizione del 1591) eseguita con ampio utilizzo dell’azione diretta sulla cordiera. Assistiamo qui a una sorta di dialogo tra presente (il nostro tempo e l’antichità della scena natalizia) e passato/futuro che trova nella dimensione timbricamente “irreale” della citazione la sua raffigurazione simbolica più pregnante.

Il Natale, sembra dirci Crumb, è qualcosa che riguarda tutti, in ogni epoca e in ogni situazione. Nulla può essere obiezione al rapporto con quel Dio che gratuitamente si è reso definitivo compagno di ogni uomo. Così anche il dolce bisbiglio che contrappunta il “Coventry Carol”, in cui ognuno può leggere tutta la propria fragilità e nel contempo l’invincibile tenerezza destata dal Mistero della Natività, in questa prospettiva assume un significato determinante.

 

Nina Ovarth, Pianoforte

 

 

L’ultima tappa di questo percorso è costituita dal possente inno del “Carol of the Bells” (Carola delle Campane) (II 4’29”), apice della composizione e suo entusiasmante punto di approdo. Le giubilanti campane che risuonano qui (prima profonde poi acutissime) sembrano, manzonianamente, abbracciare l’intero orizzonte sonoro (come non pensare al “concerto” di campane che conclude la drammatica, intensissima notte dell’Innominato?) e con lui ascoltatori e interpreti, fino alla frase finale (II 6’22”) che, nella ripresa del tema del Magnificat, indica il significato definitivo dell’Avvenimento del Natale.

In questo incipiente 2010 è davvero confortante poter godere della compagnia di un artista che, con la semplicità e la capacità di stupore di un bambino, riesce a mostrare come ogni attimo sia la culla in cui l’Eterno può diventare compagno della vita di ciascuno.