David Starobin, nato a New York nel 1951, è uno dei più importanti chitarristi del panorama internazionale. Il suo lavoro di interprete lo ha portato a esibirsi nelle sedi concertistiche più importanti e a collaborare con complessi del calibro della New York Philarmonic o  della San Francisco Symphony.

Il suo talento unito all’impegno a favore della musica contemporanea gli ha fatto guadagnare la stima e l’ammirazioni di compositori di livello internazionale (tra cui possiamo ricordare Elliott Carter, Milton Babbit, Peer Norgard, Gunther Schuller oltre a George Crumb, suo personale amico da diversi decenni) che hanno composto per lui importanti brani.

Nell’ambito del repertorio ottocentesco ha tra l’altro riscoperto, incidendoli, i Dieci studi di Giulio Regondi (1822-1872) oggi considerati un vero e proprio punto di riferimento nella letteratura chitarristica del XIX secolo.

Caro Maestro, innanzitutto vorrei ringraziarla per averci concesso questa intervista un po’ particolare perché tratterà di due soggetti uniti e distinti: da un lato vorremmo raccontare ai nostri lettori della sua attività di concertista e di committente di importanti compositori. Dall’altra vorremmo incontrare, attraverso i suoi occhi e la sua esperienza, la vita e l’opera di un suo grande amico: George Crumb, autore tra i più importanti dell’intero panorama compositivo mondiale che ha da poco festeggiato l’ottantesimo compleanno. Ci può dire, per cominciare, com’è avvenuto il suo primo incontro con la musica d’oggi e, in particolare, con quella di Crumb?

Ho avuto la grande fortuna di crescere in una casa piena di musica. Mio padre era un pianista amatoriale e, assieme a mia madre, mi ha introdotto alla musica. Ho cominciato a studiare chitarra, tromba e teoria musicale attorno ai 7 anni. Sui 12 o 13 anni un amico mi ha fatto ascoltare delle registrazioni di Edgard Varèse. Questa musica produsse un forte impatto su di me e proseguii studiando la musica di Stravinsky, Bartok, and Messiaen. Quando poi nel 1969 andai al Conservatorio (il Peabody Conservatory a Baltimora), il nostro Ensemble di “nuova musica” tenne un concerto con la sua musica, e lui vi partecipò. Qualche mese dopo, andai con il compositore William Bland a far visita a Crumb nella sua casa in Pennsylvania. Fu a quell’epoca che diventammo amici. A quel tempo (attorno al 1971), George stava scrivendo alcuni dei pezzi che lo hanno reso famoso. Mi ricordo di aver partecipato alle prime rappresentazioni di molti di questi pezzi e l’eccitazione provocata da questo lavoro così originale e brillante.

 

 

Mi sembra ci sia un legame interessante e non troppo nascosto tra i numerosissimi brani composti per lei da compositori quali ad esempio Elliot Carter, Milton Babbit, Per Norgard o David Del Tredici (i cui linguaggi musicali sono spesso molto lontani) e la curiosità di Crumb che nelle sue opere utilizza, affiancandoli ed integrandoli con mirabile inventiva, stili differenti, creando così opere di grande impatto espressivo e di grandissima comunicativa. Cosa pensa ci sia all’origine del suo atteggiamento e di quello di Crumb? Curiosità? O cos’altro?

 

Non posso dire come George sia arrivato a scrivere la musica che ha scritto. Ma, come con tanti compositori, che vi è stata l’influenza di una serie di forze esterne. La poesia di Garcia Lorca fu una scoperta meravigliosa per George. Il libero flusso della immaginazione surreale del poeta lo ha aiutato a scoprire un linguaggio che è andato oltre la tecnica, nel regno dello spirito. Inoltre, non si può ignorare lo spirito di quei tempi. La guerra in Vietnam ha certamente influenzato una composizione come “Black Angels”, che tuttora considero un autentico capolavoro.

 

Ritengo che la musica di Crumb sia dotata di una rarissima capacità di mostrare all’ascoltatore un mondo in cui, al fondo, emerge una bellezza struggente che parla delle cose più importanti della vita di ciascuno. Cos’è per lei la bellezza? Pensa che questa parola abbia a che fare con la musica d’oggi? Può dirci eventualmente qualcosa del rapporto che il Maestro Crumb ha con la bellezza?

 

Bellezza per me vuol dire molte cose diverse. Senza dubbio, la troviamo nella natura e questa fragile bellezza è tanto più gloriosa in quanto sappiamo che è temporanea e alla fine si trasformerà o sparirà. Vi è una sorta di nostalgia collegata ad essa. La bellezza della creazione umana nella musica è evidente di per sé. Noi facciamo tesoro della nostra breve, ma brillante storia, dando un posto ai nostri più grandi creatori, da qualche parte vicino al regno del Parnaso. L’apprezzamento di George per questa lunga tradizione di grande musica è al centro della sua personalità di musicista. Se lo si coinvolge in una discussione, parlerà molto più volentieri di Bach, Mozart, Beethoven, Debussy e Bartok che della propria musica. Ha un fortissimo senso della bellezza e del perché pensa che la musica è bella.

 

 

 

Una delle caratteristiche che più mi colpiscono della musica di Crumb è la sua intrinseca semplicità, raggiunta attraverso un paziente lavoro di cesello e l’accumulo di textures spesso molto complesse. Lei cosa pensa in proposito?

 

Credo che George apprezzerebbe quanto lei dice. Durante gli ultimi dieci anni, nel suo “American Songbook” (sei volumi – con un settimo in preparazione – per cantante, quattro percussionisti e piano amplificato, della durata di 45/50 minuti ciascuno), ha scritto brani di grande semplicità e ha dimostrato come questa semplicità possa riflettersi in una musica profonda e strutturata. Alcune di queste composizioni, malgrado i loro semplici inizi, contengono una parte della sua musica più bella, con una gamma di espressioni stupefacente, dal comico al sublime.

 

Lei è un raro caso di musicista veramente poliedrico dato che affianca ad un’attività concertistica che la porta a suonare nelle maggiori sale di tutto il mondo anche l’attività di produttore discografico (la pluripremiata Bridge Records Inc. di cui è fondatore e produttore è una delle etichette che maggiormente promuovono la qualità nell’ambito musicale contemporaneo). In particolare questi interessi confluiscono, secondo me in maniera esemplare, nella meravigliosa Crumb Edition alla quale ha partecipato attivamente il compositore anche in veste di interprete (mi piace ricordare la bellissima incisione di Mundus Canis in cui accanto a lei troviamo Crumb nella veste di percussionista). Ci può raccontare qualcosa a proposito della nascita di questa importantissima produzione discografica?

 

Bridge Records celebrerà il trentesimo anniversario nel 2011. La società è cresciuta gradualmente lungo questi anni e questo non sarebbe stato possibile senza il lavoro generoso e instancabile di mia moglie Becky Starobin, presidente della società. Lavoriamo insieme per superare le difficoltà di un ambiente poco incline alla arte musicale seria. Quando riusciamo a registrare e pubblicare una composizione particolarmente bella, sappiamo di aver fatto il nostro lavoro. L’aspetto commerciale del nostro lavoro è una preoccupazione in quanto vogliamo che la società viva per “vedere un altro giorno”, ma non ci ha finora impedito di pubblicare buona musica che sappiamo ci farà perdere soldi. La Crumb Edition è stato un progetto particolarmente soddisfacente per la sua lunghezza (abbiamo cominciato a registrare la sua musica nel 1982), per la sua grandezza (abbiamo registrato tutti i vecchi pezzi di George, 1947-2008, con il compositore che ha preso parte a tutte le sedute di registrazione) e per la qualità della musica. Siamo molto contenti che George stia tuttora componendo, producendo più musica di quanto abbia fatto in passato. La settimana scorsa abbiamo registrato un nuovo ciclo su Lorca, per baritono, chitarra e percussioni, un pezzo magnifico.

 

 

L’amicizia che la lega a George Crumb è, penso per entrambi, una fonte di conforto e di sostegno nelle più diverse circostanze della vita. Ci può dire qualcosa su questo importante rapporto e sul valore che ha, umanamente ed artisticamente?

 

Becky e io consideriamo la nostra amicizia con George come un onore, che si estende ai membri delle due famiglie. George è, prima di tutto e soprattutto, una persona splendida e io ho imparato moltissimo avendo il privilegio della sua amicizia. So che ci sono centinaia di persone che la pensano allo stesso modo sui loro incontri con lui.

 

Concludo questa conversazione ringraziandola per la disponibilità e chiedendole di proporre ai lettori de Ilsussidiario un brano del suo repertorio pregandola di chiarire il senso delle sue scelte.

 

Il mio lavoro come compositore è quello di un non professionista. Non ho molte occasioni per comporre, ma quando lo faccio mi diverto moltissimo! Sto scrivendo una serie di variazioni sul “Song Behind the Plow” (Canzone dietro l’aratro) per sola chitarra di Carl Nielsen.

 

Giulio Regondi – Nocturne “Rêverie” op. 19

 

 

 

George Crumb – Mundus Canis

 

1. Tammy

 

 

2. Fritzi

 

 

3. Heidel

 

 

4. Emma-Jean

 

 

5. Yoda

 

 

David Starobin, chitarra
George Crumb, percussioni