Il 3 marzo scorso è morto a Roma l’ottantacinquenne compositore Aldo Clementi, figura a un tempo atipica e fondamentale del panorama musicale contemporaneo. Nato a Catania nel 1925 Clementi è stato un personaggio che ha attraversato la seconda metà del XX secolo come protagonista delle avanguardie musicali (è tra i fondatori di Nuova Consonanza), ma tenendo una posizione sempre assai personale e misurata.
La sua musica è, fin dalle prime prove mature, assolutamente inconfondibile. La ricchezza della texture strumentale (che da più parti è stata paragonata alla coeva arte figurativa informale), l’ossessione per un gioco di incisione su veri e propri “muri” di suono generati da complessi meccanismi canonici diventano in breve la cifra stilistica di un autore che si pone come un “osservatore indipendente” delle tendenze (spesso figlie della moda del momento) che si sono susseguite negli ultimi 60 anni.
Un esempio adamantino della prima produzione di Clementi è il brano Informel II (1962) che, fin dal titolo, allude a una materia musicale stratificata, fatta di addensamenti e rarefazioni improvvise, in un susseguirsi di gesti che “tagliano” lo strato “neutro” rappresentato da una fascia sonora tenuta per larga parte del brano dall’armonium.
Aldo Clementi: Informel II
Continuum Ensemble Dortmund
Werner Seiss, direttore
La scrittura raggiunge sovente intensità espressive al calor bianco anche se, più che da un gesto di stampo espressionista, è sorretta da una mente geometrizzante di raro vigore (e rigore).
L’iter musicale di Clementi procede in qualche maniera attraverso una progressiva conquista di organici sempre più rarefatti che permettono di distinguere con chiarezza via via crescente i meccanismi compositivi.
Il musicista infatti utilizza l’antichissimo procedimento tecnico del canone per creare rifrazioni di frammenti melodici (più raramente anche ritmici) presi da brani del grande repertorio del passato o ricavati dai nomi dei dedicatari dei suoi pezzi (Gianfranco Cardini, Roberto Fabbriciani o Giorgio Moench, per citarne solo alcuni). Si tratta di un procedimento di “distillazione” sonora di nuove possibilità da antichi frammenti che testimonia la conoscenza e l’amore che da sempre il compositore siciliano nutre per la grande musica del passato.
Il brano Lamento, a Francesco Pennisi in memoriam (2001) ci mostra con evidenza il cambiamento avvenuto una sorta di diversità nella continuità di un percorso segnato da una fedeltà agli autori amati e a un modo antico di concepire l’arte musicale.
L’omaggio all’amico scomparso (compositore e grafico di incredibile raffinatezza) si concretizza in una scrittura musicale in cui la densità della linea si scioglie in una processione di profili melodici che si intersecano e si separano in un dialogo incessante sempre immerso in un’atmosfera di composto cordoglio.
Aldo Clementi: Lamento, a Francesco Pennisi in memoriam (2001)
Ex Novo Ensemble
Daniele Ruggieri, flauto.
Davide Teodoro, clarinetto.
Annamaria Pellegrino, violino.
Carlo Teodoro, violoncello.
Aldo Orvieto, pianoforte.
Per concludere queste poche righe di omaggio a un compositore (e a un uomo) tanto lontano dalle luci della ribalta quanto appassionato nella ricerca del significato (anche là dove affermava con fermezza non scevra da una sottile ironia l’assenza del significato medesimo) vorrei citare le ultime battute di un interessante documentario dedicato a Clementi da Giuseppe Cantone e Dario Miozzi.
Nell’estrema propaggine dell’intervista il Maestro racconta di un sogno terribile (una sorta di incubo continuato anche al risveglio) in cui si immagina la fine del sole che, come mote altre stelle, è destinato ad esplodere. Davanti alla prospettiva della distruzione della Terra e di tutta la sua cultura (e quindi di tutto ciò che lo stesso Clementi ama) il compositore estrae dal cilindro due domande folgoranti che, se comprese nella loro portata, spalancano nuove prospettive ermeneutiche sulla figura dell’artista.
Ad un certo punto [5’43”] il musicista si (e ci) chiede “Quando il sole esploderà la musica dove va a finire? […] Schubert chi lo ricorderà se tutto viene distrutto con l’esplosione?”
Con questa formidabile apertura, che tanto assomiglia alla celebre frase di Gabriel Marcel per cui “Ama chi dice all’altro: tu non puoi morire”, chiudiamo questo breve omaggio augurandoci di cuore che il Maestro abbia finalmente trovato la risposta al suo inesausto domandare e, in essa, la pace.
“Per Aldo Clementi” di Giuseppe Cantone e Dario Miozzi