Stanotte gli americani decideranno chi siederà nello studio ovale della Casa Bianca per i prossimi quattro anni. Allora cosa c’è di meglio per i nottambuli che attenderanno i risultati del voto americano della visione della terza e della quarta stagione di The West Wing?
Come forse non tutti sanno, infatti, da poche settimane la famosa serie tv realizzata da Aaron Sorkin tra il 1999 e il 2006 sulla vita frenetica e le vicissitudini sentimentali dello staff dell’inquilino della Casa Bianca è disponibile su Amazon Prime. In Italia la pluripremiata serie tv infatti fu messa in onda nei primi anni del secolo da Retequattro e poi era inspiegabilmente scomparsa dai nostri monitor. Neanche il successo di serie come House of Cards o della meno fortunata Designated Survivor avevano spinto a riproporre nei palinsesti la madre di tutte le serie “politiche” in circolazione.
The West Wing fu concepita da Sorkin dopo il successo del film Il Presidente, una storia d’amore con Michael Douglas e Annette Bening, di cui era stato lo sceneggiatore. Del cast di quel fortunato film – ancora oggi trasmesso in prima serata da molte tv generaliste – faceva parte anche Martin Sheen (Apocalisse Now, Wall Street, The Departed – Il bene e il male) nel ruolo di capo staff e che in The West Wing diventerà il Presidente Jed Bartlet, la figura che – differentemente da come aveva immaginato lo stesso Sorkin – conquistò presto un ruolo centrale nella serie tv.
La storia ruota intorno alla vita dello staff del presidente Bartlet, dalla sua decisione di candidarsi e dalla prima campagna per le primarie fino alla conclusione del suo secondo mandato. I protagonisti si dividono i piccoli uffici della Casa Bianca situati nell’ala ovest e la loro vita – senza orari, né pause – scorre veloce tra discorsi da preparare, crisi internazionali improvvise da affrontare, riunioni notturne, conflitti con il Congresso e attacchi terroristici.
Comunque è tutto spiegato molto bene da Bill Clinton nel 19° episodio della terza stagione, una “edizione speciale” in cui gli attori lasciano la scena per una volta ai reali protagonisti. Il Presidente che aveva appena lasciato la Casa Bianca (1992-2000) racconta il ruolo decisivo del suo staff e definisce il lavoro alla Casa Bianca come “il più bello del mondo”. Nello stesso episodio gli autori ripercorrono i momenti salienti delle prime tre stagioni in un confronto serrato con le opinioni dei vari leader – ben tre Presidenti – e dei numerosi membri dei vari staff presidenziali che si sono succeduti negli stessi uffici dell’ala ovest.
Il tratto comune che accomuna persone anche così distanti politicamente tra di loro è la consapevolezza che di fronte a ogni decisione da prendere deve sempre prevalere l’interesse generale. Secondo alcuni, molto dipende dallo spirito che aleggia in quel preciso luogo fisico – lo studio ovale, e tutto il resto che si trova intorno – che rende quelle stanze speciali, il simbolo di un’istituzione molto più forte di tutto il resto, compreso il semplice interesse di parte delle persone che le frequentano transitoriamente. Jimmy Carter si chiede, a riprova di ciò, se la decisone da lui assunta di non attaccare l’Iran durante le terribili settimane della crisi degli ostaggi asserragliati nell’ambasciata americana gli sia costata la rielezione. “Probabilmente si”, risponde, “ma la salvezza delle vite umane (anche degli innocenti che avrebbero perso la vita in un eventuale attacco) alla fine valgono per me molto di più, per la mia coscienza ma anche per quella del mio Paese”.
Sorkin è giustamente famoso per i suoi dialoghi veloci, sapienti, divertenti. Per i suoi personaggi sempre in movimento, che mentre camminano per strada o in un corridoio traggono spunti per nuove idee o addirittura per cambiare opinione, che riflettono ad alta voce dando così fondo alle loro inesauribili conoscenze.
I personaggi di The West Wing sono degli intellettuali prestati alla politica, uniti da una convinzione profonda, potremmo definirli degli idealisti con il vizio della politica, ma essi sono vincolati l’uno all’altro anche da uno smisurato spirito di squadra. La fedeltà al Presidente non può far velo sulla verità dei fatti, e tocca spesso dovergli dire cose spiacevoli, così come il rispetto per la sua persona e per il suo ruolo non possono esimere lo staff dall’esprime opinioni anche molto diverse dal suo pensiero.
La squadra di consulenti ruota intorno alla figura paterna di Leo McGarry, il capo del personale. Leo è l’uomo che ha convinto lo sconosciuto Governatore di un piccolo stato del New England a candidarsi, ed è pronto a a sacrificare tutto della sua vita, matrimonio compreso, per assolvere totalmente al suo ruolo. Accanto ha una squadra di giovani intelligenti ed estroversi. Il suo vice è Josh Lyman, acuto consigliere e instancabile romantico corteggiatore. Il team della comunicazione è diretto da Toby Ziegler, un colto e timido intellettuale ebreo, dalle profonde e rigide convinzioni democratiche. Suo vice è Sam Seaborn, avvocato e scrittore, l’autore di tutti i discorsi del Presidente. La portavoce è invece C. J. Cregg, a cui è affidato il faticoso lavoro di gestione della sala stampa della Casa Bianca. Nel gruppo fanno parte a pieno titolo anche la brillante e svampita segretaria di Josh, Donna Moss, e il giovane assistente personale del Presidente, Charlie Young.
Gli attori hanno ovviamente ottenuto fama e successo dalla partecipazione alla serie tv. Bradley Whitford (Josh), Allison Janney (C.J.), Richard Schiff (Toby) e Robe Lowe (Sam) sono diventati tutti attori di primo piano e ben noti al pubblico anche italiano. La Janney ha vinto l’Oscar nel 2017 per Tonya. Solo John Spencer (Leo) è morto nel 2005 per un infarto alla fine della sesta stagione, proprio come pochi mesi prima era accaduto nella fiction.
The West Wing è stata creata in una America molto diversa da quella di oggi. Sorkin si ispira infatti alla presidenza Clinton e agli anni della prima grande rivoluzione tecnologica. Internet è agli albori, non esistono i social e i fax sono ancora più importanti delle mail. E anche lo scontro tra democratici e repubblicani non ha raggiunto i livelli di asprezza toccati negli ultimi anni.
Rimane comunque un compendio di scienze della comunicazione. Andrebbe inserito nei libri di testo di ogni corso di laurea. Studiato con attenzione e rispetto. Disseminato di perle, da tenere a mente per poi citarle all’occorrenza. Come nel caso in cui C. J. in una concitata riunione dello staff rompe gli indugi e in meno di venti secondi riassume un concetto che potrebbe essere molto utile ai nostri governanti di oggi alle prese con la pandemia: “Quando c’è una crisi le persone devono sentirsi come dei soldati e non come delle vittime, e soprattutto bisogna ricordarsi che l’informazione genera fiducia, il silenzio paura”.