Bojo, Boris Johnson è stato immortalato (non so ancora fino a che punto) da Sky nella miniserie televisiva (6 puntate) This England da poco visibile in Italia. Sicuramente un’operazione coraggiosa che vuol mettere in evidenza come il Governo inglese e il suo Premier hanno affrontato la situazione. Trasparenza, forza e voglia di giudicare le scelte fatte in quei momenti difficili e convulsi. La riassumo con la parola Responsabilità, dove anche gli errori sono inclusi. In Italia sarà difficile/impossibile arrivare a portare sugli schermi un’opera simile, per come si sono mossi Conte, Speranza e la banda dei luminari del comitato che tutti i giorni andava in tv. Nel nostro Paese lo scaricabarile delle responsabilità è la normalità.
Il protagonista è fondamentalmente la pandemia Covid-19, vista attraverso la gestione politica e la figura del primo ministro Boris Johnson che entrando vincitore al 10 Downing Street cita Winston Churchill:
Mi sento come se stessi abbracciando il mio destino.
Come se tutta la mia vita fosse stata una preparazione a questo istante, a questa sfida.
Impressionante l’interpretazione di Kenneth Branagh, non solo per la somiglianza dovuta al trucco e parrucco (gergo tv, ndr), ma anche per la gestualità, il modo di porsi, di camminare, di parlare e soprattutto per la teatralità dell’uomo che si permette, data la sua cultura, sovente battute e citazioni di Shakespeare. Questo su misura per Branagh che ha una conoscenza approfondita del Bardo, trasposta alla grande in teatro e nel cinema.
Bojo è la figura di raccordo e di intreccio nel racconto della serie, sia come personaggio politico che per le vicende personali: la fidanza Ophelia Lovibond, da cui attende un figlio, i problemi con le altre mogli e i figli che si negano al telefono. Appare alquanto bizzarro, intelligente, ma non deciso, che scantona le problematiche familiari.
Un po’… bidon-bidon, come si usa dire qui da noi per certi personaggi che non sembrano stiano sul pezzo ma vivano a tratti nel loro mondo. Il che ha avuto forse, soprattutto all’inizio del primo episodio, una trasposizione esageratamente macchiettistica.
Parallelamente abbiamo il fido uomo-ombra Dom, Dominic Cummings architetto della Brexit e primo consigliere di Johnson che prepara e asfalta la strada per il Primo ministro con cinismo e pragmatismo non guardando in faccia a nessuno. Un bravissimo Simon Paisley Day che ne veste i panni, con pochi film all’attivo, ma con molte partecipazioni a serie tv storiche inglesi.
È una mini-serie verbosa, si parla molto, ma per forza di cose non annoia per nulla.
Se il Premier e Dom sono i protagonisti che si appoggiano parallelamente nel percorso, il periodo politico e storico inglese vi sta in mezzo. Si parte dalla scalata di Bojo nel Partito Conservatore, della sua presa del Parlamento, arrivando alla vittoria del referendum sulla Brexit. Il tutto con un mix di riunioni politiche e pacate serenate familiari nel talamo con tanto di baldacchino.
Nel frangente vediamo a spot dei flashback della Cina: immagini di Wuhan, pipistrelli appesi a testa in giù (ironia o humour britannico?), che ci portano man mano allo scoppio dell’epidemia Covid-19. Quando ormai ha travalicato i confini cinesi, il primo confronto degli inglesi è con l’Italia, dove la vediamo nelle immagini di Codogno, Bergamo e Cremona.
Parte perciò una cronaca giornaliera sulla situazione del contagio e decessi con tanto di titolazioni con data (dal’1 marzo), numero di casi riportati e di quelli effettivi, inframmezzata di scene con i primi ammalati ricoverati e la paura dei loro cari.
Negli organi ministeriali si susseguono grandi riunioni al contempo tecniche e di tentativo di affronto della pandemia, per prevedere, arginare e prendere tutte le misure possibili. Oltre a questo, vi è ferma determinazione alla trasparenza verso la popolazione.
Cosa che non è avvenuta in Italia. Mia nota, cattivella: il segretario di Stato per la salute inglese, Matt Hancock, assomiglia nella trasposizione tv, nella pettinata e nei lineamenti, al nostro ministro Speranza (ancora humour inglese?).
E Bojo dentro tutto questo è sempre stralunato: esorta la popolazione a lavarsi le mani e poi le stringe a chiunque e perciò viene spennellato dai media.
Quando si convince dall’elaborazione dei dati da parte dei suoi collaboratori che la situazione è sempre più grave, ha un sussulto e cita Amleto:
Se ora non è dopo; se non è dopo sarà ora; se non è ora dovrà pure succedere. Essere pronti è tutto.
Come dicevo inizialmente vi sono molti dialoghi, che narrano l’escalation del Covid e che crescono con un ritmo incalzante man mano che la drammaticità degli avvenimenti aumenta. Si respira nelle scene tra Bojo e Ophelia mixate per bilanciare la trama, ma subito il livello torna serrato con le scene di fibrillazione ospedaliere, per poi rallentare quando si passa al lato drammatico umano dei malati e dei familiari.
Per ora Sky ha trasmesso i primi due episodi e questo assaggio, ne mancano quattro, a livello di soggetto e narrazione ha lasciato il segno sia sotto l’aspetto televisivo che di critica politica.
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