Thomas Adès è uno dei maggiori compositori contemporanei. Con George Benjamin, suo connazionale, è uno dei due massimi compositori britannici. È anche un noto pianista. Ha circa 60 anni. A 41 anni, si era meritato un posto nella National Portrait Gallery di Londra dove il suo ritratto occhieggia tra quelli di Benjamin Britten e di Edward Elgar. Giunto alla ribalta internazionale, sia come pianista, sia come direttore d’orchestra, sia come compositore, già a 22 anni con lavori complessi per grande organico orchestrale, suscitò scandalo quando a 24 compose e realizzò un’opera da camera, Powder Her Face, insolitamente lunga (due ore e venti minuti di musica) sugli exploit sessuali della Duchessa di Argyll, Margaret, denominata “The Dirty Duchess” e al centro (a causa delle sua avventure) di vari processi. Il lavoro, rappresentato per la prima volta in Gran Bretagna (con grande successo) nel 1995, arrivò a Roma nel novembre 2002 per iniziativa della Filarmonica Romana e dell’Istituzione Universitaria dei Concerti. Allora venne chiamata “porno-opera” a ragione dell'”aria della fellatio” in pieno stile barocco (ma la seicentesca La Callisto di Giovanni Cavalli, nell’edizione di Herbert Wernicke presentata negli Anni Ottanta a La Monnaie a Bruxelles e disponibile in DvD, è sessualmente molto più esplicita). 



Una più recente opera di Adès (The Tempest tratta dall’ultimo lavoro per la scena di William Shakespeare) è stata commissionata dal Covent Garden ed è stata già vista a Copenhagen, Strasburgo, Santa Fè e Lubecca, al Metropolitan di New York e alla Quebec Opera. In attesa che The Tempest, acclamata come il Peter Grimes di questo primo scorcio di Ventunesimo secolo, arrivi alla Scala (dov’è programmata per novembre), nel 2012 l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ne ha presentato una sintesi (ossia alcune scene particolarmente eloquenti sia dell’inizio che della conclusione) in un concerto (replicato tre volte) diretto da Adès in persona e preceduto da un incontro al Maxxi (il museo di arte contemporanea) unitamente a una proiezione dell’opera (ne esiste un DvD in commercio). Il concerto includeva anche Asyla (una sinfonia di Adès in quattro parti commissionata da Berliner Philarmoker). 



Il pubblico della stagione sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia è tradizionalista, ove non conservatore; una parte è rimasta affascinata, un’altra perplessa. Sulla base delle scene presentate, The Tempest presenta molte differenze rispetto alla scrittura eclettica di Powder Her Face (molto imperniata su numeri di bravura e su Sprechgesang). In The Tempest il canto caratterizza i personaggi: una linea solenne per Prospero (il baritono Christopher Maltman), virtuosismo di coloratura per Ariel (il mezzosoprano Audrey Luna) e teneri duetti per Miranda (il soprano Rosita Frisani) e Ferdinando (il tenore David Portillo). Davvero affascinante.



Non so se in Italia si vedrà e ascolterà mai il capolavoro assoluto di Adès, The Exterminating Angel (L’Angelo Sterminatore), di cui vidi e ascoltai la prima mondiale a Salisburgo nel luglio 2015. Coprodotto dal Covent Garden di Londra, dal Metropolitan di New York e dal Teatro Reale di Copenhagen, al debutto è stato salutato da venti minuti di vere e proprie ovazioni. Ha una struttura tonale, fortemente polifonica (in scena ci sono 15 personaggi), e con arie, duetti e concertati, ma anche con molto declamato. Richiede una grande orchestra con strumenti non convenzionali; ad esempio, l’introduzione è costituita da suoni di campane e per la prima volta in Adès trapela la musica elettronica (les ondes martelot, un suono delicato e profondo di un ‘angelo sterminatore al tempo stesso seducente e distruttore). Lenta e quasi ossessiva nella prima parte, l’opera assume un ritmo incalzante nei due intermezzi e nella seconda parte per concludersi con un finale liberatorio (pur se sappiamo che sarà di breve durata). Richiede 15 grandi voci.

In attesa che La Scala o il Teatro dell’Opera di Roma presentino The Exterminating Angel, nel meritorio sforzo di avvicinare il pubblico alla musica moderna, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha portato a Roma – le sere del 3, 4 e 5 febbraio – il Concerto per pianoforte e orchestra che debuttato a Boston nel marzo 2019 con lo stesso pianista, Kirill Gerstei della prima e del CD che se ne è tratto. A Boston dirigeva Adès, a Roma Antonio Pappano. Il brano era astutamente incastonato tra due poemi sinfonici ben noti al pubblico dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia: L’apprenti sorcier di Paul Dukas e Also sprach Zarathustra di Richard Strauss.

Soffermiamoci sul concerto per pianoforte e orchestra di Adès. È in tre movimenti: Allegramente, Andante gravemente, Allegro gioioso. Dura circa 22 minuti. È un brano di grande chiarezza armonica trattata con grande originalità. La struttura metrico ritmica è sofisticata e complessa e densa di citazioni (soprattutto di Conlon Nancarrow). L’orchestrazione è policroma e brillante: il dialogo è tra un pianista virtuoso e un’orchestra di grandi dimensioni. Il primo movimento è pieno di ritmo, il secondo quasi cupo, il terzo è elettrizzante. Solista e orchestra dialogano in modo serrato. Il pubblico è rimasto entusiasta e ha chiesto un bis: Kirill Gerstein ha eseguito una breve ma brillante ouverture per piano solo di Adès.

Poco da dire sugli altri due brani eseguiti con grande professionalità. In Also sprach Zarathustra, a mio avviso, Pappano avrebbe dovuto mettere passione, oltre che professionalità.

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