Una foto di Thomas Bricca agonizzante nel letto d’ospedale ha scosso l’Italia intera. A pubblicare su Facebook l’istantanea che ritrae il 19enne morto ad Alatri dopo essere stato raggiunto da un colpo di pistola è stato lo zio del ragazzo, allegando allo scatto un commento che non lascia spazio a dubbi: “Giustizia? Ripassa lunedì che adesso non abbiamo tempo…”. Una frase che si rifà al racconto di Omar, amico di Thomas Bricca, il quale ritiene che quel proiettile fosse in realtà destinato a lui; infatti, ha sostenuto su “La Repubblica” che quando ci furono le prime tensioni nei suoi confronti da parte di altri ragazzi, si recò immediatamente a sporgere denuncia, ma gli sarebbe stato detto di “ripassare il lunedì successivo”. Non ce n’è stato tempo, perché, nel mentre, Thomas Bricca è stato ucciso.



In pochi minuti, la foto di Thomas nei suoi ultimi istanti di vita nella struttura nosocomiale ha raccolto valanghe di condivisioni e di commenti, non ultimo quello del nonno del ragazzo, il quale ha sottolineato di volere aspettare la conclusione degli indagini, aggiungendo anche che “se non ci saranno ‘risultati importanti'”, provvederà autonomamente alla ricerca di chi ha posto fine alla vita di suo nipote.



THOMAS BRICCA: LE ULTIME NOVITÀ DALLE INDAGINI

Intanto, sempre “La Repubblica” ha riportato che in data odierna si eseguirà l’autopsia sulla salma del diciannovenne e giovedì prossimo i Ris analizzeranno i reperti, “partendo dal proiettile recuperato sul luogo del delitto e ritenuto quello che ha ucciso Thomas Bricca”. Saranno inoltre sempre i Ris a dover analizzare “gli abiti dello studente e il telefonino. La copia forense del cellulare non è ancora stata fatta e proprio in quell’apparecchio potrebbero essere contenuti elementi fondamentali per stringere il cerchio attorno a mandanti ed esecutori dell’omicidio”.



Nel contempo, i carabinieri continuano a raccogliere testimonianze e, malgrado lo stub a cui sono stati sottoposti alcuni sospettati non abbia dato esito positivo, potrebbero giungere novità preziose dall’esame delle celle telefoniche agganciate dai diversi smartphone nella zona dove è avvenuto il delitto lo scorso 30 gennaio.