Oggi – venerdì 28 giugno 2024 – è il giorno ‘del silenzio’ e del raccoglimento in quel di Pescara, con un’intera città stretta nel cordoglio per la morte del giovanissimo (quasi 17enne) Thomas Luciani, ucciso con una serie letale di fendenti da due coetanei: i contorni della vicenda non sono stati ancora chiariti del tutto, ma secondo gli inquirenti, le prime testimonianze e tutti le informazioni raccolte in questi giorni sembra chiaro che tra i tre ci fosse un debito di droga, forse di 250 euro. Sul caso di Thomas Luciani si è concentrato un lungo servizio della trasmissione Ore 14 – diretta da Milo Infante su Rai 2 – che è partito da un’attenta ricostruzione dell’accaduto basata sui risultati dell’autopsia e sul processo di convalida dell’arresto dei due (per ora, è bene dirlo, presunti) killer.
I 16enni accusati avrebbero agito – cita il referto del Medico legale, che trovate dettagliato cliccando su queste parole – con la chiara volontà di “provocare sofferenze e uccidere un essere umano” e con l’intento unico di “cagionare sofferenza e morte”; tesi accreditate – oltre che dai 25 fendenti – dal fatto che sul corpo senza vita di Thomas Luciani non sia stata individuata alcuna ferita da difesa: il quasi 17enne era completamente inerme, sovrastato da un piccolo branco di coetanei che non ci ha pensato due volte a procurargli la morte.
I legali dei carnefici di Thomas Luciani puntano sull’infermità mentale
Sulla colpevolezza dei due 16enni i dubbi sono veramente pochi anche grazie ad una telecamera di sorveglianza che li ha immortalati entrare in compagnia di Thomas Luciani in quel parco in cui ha esalato il suo ultimo respiro e – poi, pochi minuti dopo – uscire da soli: uno dei due avrebbe avuto anche il tempo (o l’accortezza) di cambiarsi i vestiti, forse completamente ricoperti del sangue della loro giovane vittima. Ma il dettaglio interessante è che – pur non potendo provare l’innocenza dei giovani carnefici di Thomas Luciani – i legali che difendono i due 16enni starebbero tentando una via diversa, che parla di condizioni familiari difficili, un ambiente sociale complesso e abusi di droghe di ogni tipo.
Roberto Mariani – che assiste uno dei due imputati, identificato solo con la lettera ‘M’ – si sarebbe già mosso per dimostrare che il suo assistito è dipendente da cannabinoidi e psicofarmaci, oltre che tendente (con almeno un caso che parrebbe già accertato) agli istinti suicidi: lo scopo sarebbe quello di richiedere la detenzione in un istituto sanitario di recupero, invece che nel carcere minorile in cui attualmente si trova in attesa di giudizio. Dall’altra parte, l’avvocato Marco Di Giulio (che ovviamente difende l’altro 16enne accusato dell’omicidio di Thomas Luciani) ai giornalisti ha raccontato che il giovane ‘L’ “riesce a raccontare una parte di quello che è successo e poi c’è come un blocco” puntando – come vi dicevamo poche righe fa – sull’infermità mentale.