Emergono dettagli agghiaccianti sull’omicidio del 17enne Thomas Luciani, ucciso in un parco del centro di Pescara poche ore fa. Un testimone avrebbe fornito una prima ricostruzione dell’accanimento dei due ragazzi poi fermati nell’ambito delle indagini, e avrebbe descritto una scena sconvolgente: “Mentre lo uccidevano gli dicevano ‘Stai zitto’“. I ragazzi finiti nel mirino dell’inchiesta sarebbero due 16enni, rispettivamente figli di un avvocato e di un maresciallo dei Carabinieri.



Stando a quanto finora trapelato, riporta Ansa, gli indagati si sarebbero passati l’arma per infierire sulla vittima con un totale di 25 coltellate: 15 fendenti sferrati dall’uno e 10 dall’altro prima di proseguire l’azione con sputi, insulti e persino una sigaretta spenta sul volto del giovane mentre era a terra agonizzante. Particolari macabri che restituiscono l’entità di un crimine che ha scosso le cronache e che nelle prossime ore potrebbe arricchirsi di ulteriori elementi dopo l’emersione di ciò che sarebbe successo subito dopo il delitto: consumata l’aggressione mortale, i presunti autori sarebbero andati al mare e avrebbero ripercorso l’orrore con atroci battute su come Thomas Luciani era stato ridotto.



Thomas Luciani ucciso a Pescara, dopo il delitto i presunti killer al mare

Ciò che emerge è l’assenza di empatia emotiva con un fatto di tale inaudita efferatezza, tale da inveire sul cadavere, recandosi presso lo stabilimento balneare per fare il bagno al mare senza chiamare soccorsi o denunciare il fatto alle autorità, anzi chiacchierare con macabra ironia sul fatto appena avvenuto“.

È uno dei passaggi cruciali del decreto di fermo a carico dei due minorenni attualmente indagati per l’omicidio di Thomas Luciani, il 17enne assassinato domenica scorsa nel cuore di Pescara. Lo riporta l’Ansa, ricalcando quanto evidenziato dagli inquirenti a margine del delitto anche attraverso il racconto di un testimone, un coetaneo che avrebbe raccontato agli investigatori particolari degni di notevole interesse investigativo per stringere il cerchio intorno ai presunti responsabili.



Il racconto del testimone: “Ero allibito…”

Il giovane testimone, sentito nelle scorse ore dalla Squadra mobile di Pescara, avrebbe fornito elementi importanti per ricostruire il delitto di Thomas Luciani. Il ragazzo avrebbe riferito che la vittima, attinta da 25 coltellate e rimasta agonizzante a terra, sarebbe stata esposta all’accanimento dei presunti responsabili che gli avrebbero intimato di stare zitto mentre si consumava l’orrore. “Ero allibito – avrebbe detto il minorenne agli inquirenti –, volevo fermarli ma non sapevo come fare. Sembrava che non ci stessero più con la testa“. Sarebbe stato lui a lanciare l’allarme, dopo essere stato al mare con gli attuali indagati e aver assistito anche al momento in cui uno di loro si sarebbe disfatto dell’arma del delitto, verosimilmente un coltello da sub, gettato dietro alcuni scogli avvolto in un calzino sporco di sangue.

Secondo quanto emerso dai verbali degli interrogatori finora condotti, riporta ancora l’agenzia di stampa, Thomas Luciani avrebbe avuto un debito di 250 euro con uno dei due indagati. A riferirlo sarebbero stati altri ragazzini sentiti come persone informate sui fatti: stando alla versione di alcuni di loro, solo uno dei due sarebbe stato creditore e l’altro avrebbe concorso all’uccisione “perché sono amici“, “per lui era diventata una questione di rispetto“. Teatro dei fatti, il Parco Baden Powell della città, dove il gruppo si sarebbe diretto dopo l’incontro alla stazione. Thomas Christopher Luciani, questo il nome completo della vittima, fino a pochi giorni prima di morire si sarebbe trovato in una comunità di Isernia dalla quale sarebbe fuggito. Dopo il delitto, i presunti killer avrebbero nascosto il corpo dietro alcuni cespugli e avrebbero cercato di convincere altri coetanei a mantenere il silenzio sull’accaduto. Uno di loro, però, avrebbe chiamato la polizia dando impulso all’indagine. Il cadavere sarebbe stato trovato intorno alle 21. I due giovani indagati sono in stato di fermo e sarebbero stati condotti in un centro di prima accoglienza in attesa dell’udienza di convalida.