Rogo alla ThyssenKrupp: in carcere anche il manager tedesco Espenhahn

Il 10 agosto si è finalmente conclusa la vicenda processuale legata all’incidente sul lavoro alla ThyssenKrupp, avvenuto nel 2007 e che costò la vita a sette operai, ferendone gravemente un ottavo. Le autorità tedesche, infatti, hanno confermato l’inizio della pena a 5 anni di reclusione (in semi libertà) per il manager tedesco dell’azienda, che aveva sede a Torino, Harald Espenhahn, scappato dalla giustizia per circa 16 anni.



Espenhahn era, fino a pochi giorni fa, l’unico tra gli ex dirigenti della ThyssenKrupp a non aver scontato in carcere neppure un giorno, nonostante le sentenze siano state emesse nel maggio del 2016. Il rogo è ricordato come uno dei più gravi incidenti sul lavoro della storia italiana moderna e costò la vita ad Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe Demasi, ferendo gravemente Antonio Boccuzzi, poi diventato parlamentare nelle file del PD. Con un lungo iter processuale che si è chiuso nel 2016, vennero condannati per il rogo alla ThyssenKrupp Harald Espenhahn (considerato l’imputato principale con 9 anni di reclusione) e Marco Pucci, Gerald Priegnitz, Daniele Moroni, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri (con pene tra i 6 e i 7 anni).



Il commento di Nordio all’arresto di Harald Espenhahn

Dal 2016, però, Harald Espenhahn non ha scontato neppure un giorno di carcere per il rogo alla ThyssenKrupp, sia perché chiese di scontare la pena in Germania, sia per i continui ricorsi nei tribunali tedeschi. Ora, invece, come sottolinea anche il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, “si è finalmente concluso l’iter di riconoscimento da parte della Germania della sentenza di condanna anche per l’ultimo manager condannato in via definitiva nel processo per omicidio colposo”.

Di un altro avviso, invece, i familiari delle vittime della ThyssenKrupp. Rosina Platì, madre di Giuseppe Demasi, a LaPresse ha detto che “la parola fine è stata scritta per loro, per noi non lo sarà mai per il dolore che proviamo sempre, ogni giorno. Non possiamo dire di essere contenti, perché i nostri cari non ci sono più e perché per avere questa minima, ormai insperata giustizia, abbiamo aspettato troppo a lungo”. “Non è un risarcimento, non è vendetta. È solamente l’unico epilogo che si sarebbe già dovuto compiere da tempo e che è stato solo rimandato”, ha detto, invece, Antonio Boccuzzi, l’ex operaio della Thyssenkrupp sopravvissuto, “Quei 5 anni saranno ulteriormente ridimensionati. Lo sappiamo e non ci facciamo strane o vane illusioni, ma un passo è stato compiuto”.