Simone Cristicchi, “Ti regalerò una rosa”: la storia del brano che vinse Sanremo 2007
Simone Cristicchi torna sul palcoscenico dell’Ariston per cantare con Enrico Nigiotti la canzone con la quale vinse il Festival di Sanremo 2007, “Ti regalerò una rosa”, in un momento per lui particolare. La storia di questo brano è davvero molto particolare in quanto è il frutto di un lungo lavoro eseguito dallo stesso cantante in diversi ospedali psichiatrici e che diede vita ad un documentario, con la canzone che avrebbe dovuto accompagnare i titoli di coda; inaspettatamente però arriva la proposta di eseguire il brano al Festival. Questa canzone è assolutamente originale e intensa come il suo autore e interpreta, al punto che l’esecuzione di Cristicchi fu assolutamente unica proprio perché sentiva “Ti regalerò una rosa” totalmente sua. Durante l’esibizione, infatti, Simone Cristicchi parlà della realtà degli ospedali psichiatrici effettuando una sorta di racconto, dove la realtà delle persone che vi si trovano all’interno è caratterizzata dalla vita costante all’interno della struttura, con una storia d’amore che non avrà futuro e con una vita che termina con un suicidio. Antonio, il protagonista della canzone, scrive una lettera alla sua amata che per qualche periodo è stata anche lei all’interno della struttura, permettendo la nascita di un amore anche all’interno di un reparto di igiene mentale. Il brano ha affascinato ed emozionato pubblico ed esperti della kermesse al punto che oltre a sancire la vittoria dell’edizione del 2007 del Festival di Sanremo, ha comportato anche quella del Premio della Critica intitolato alla compianta Mia Martini. Sulla falsariga della canzone, anche il video che la accompagna e che è stato girato in diversi istituti psichiatrici ha avuto il riconoscimento del premio Artista Uomo nello stesso anno.
Il testo di “Ti regalerò una rosa”
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore
Mi chiamo Antonio e sono matto
Sono nato nel ’54 e vivo qui da quando ero bambino
Credevo di parlare col demonio
Così mi hanno chiuso quarant’anni dentro a un manicomio
Ti scrivo questa lettera perché non so parlare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E mi stupisco se provo ancora un’emozione
Ma la colpa è della mano che non smette di tremare
Io sono come un pianoforte con un tasto rotto
L’accordo dissonante di un’orchestra di ubriachi
E giorno e notte si assomigliano
Nella poca luce che trafigge i vetri opachi
Me la faccio ancora sotto perché ho paura
Per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura
Puzza di piscio e segatura
Questa è malattia mentale e non esiste cura
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore
I matti sono punti di domanda senza frase
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole
Mi fabbrico la neve col polistirolo
La mia patologia è che son rimasto solo
Ora prendete un telescopio, misurate le distanze
E guardate tra me e voi, chi è più pericoloso?
Dentro ai padiglioni ci amavamo di nascosto
Ritagliando un angolo che fosse solo il nostro
Ricordo i pochi istanti in cui ci sentivamo vivi
Non come le cartelle cliniche stipate negli archivi
Dei miei ricordi sarai l’ultimo a sfumare
Eri come un angelo legato ad un termosifone
Nonostante tutto io ti aspetto ancora
E se chiudo gli occhi sento la tua mano che mi sfiora
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore
Mi chiamo Antonio e sto sul tetto
Cara Margherita son vent’anni che ti aspetto
I matti siamo noi quando nessuno ci capisce
Quando pure il tuo migliore amico ti tradisce
Ti lascio questa lettera, adesso devo andare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E ti stupisci che io provi ancora un’emozione?
Sorprenditi di nuovo perché Antonio sa volare