“Sei ancora l’uomo della pietra e della fionda/ uomo del mio tempo” scriveva Salvatore Quasimodo con ancora negli occhi gli orrori della seconda guerra mondiale. Aveva ragione e purtroppo ce l’ha ancora: Caino non è mai morto, nemmeno dopo i campi di concentramento e i gulag. Quanto accaduto l’altra notte per le strade di Amsterdam, con decine di tifosi della squadra di calcio del Maccabi Tel Aviv aggrediti e picchiati da altrettanti giovani al grido di “Palestina libera” e (pare) coi tassisti a fare da palo, non può avere giustificazione in una bandiera palestinese strappata qualche ora prima da una casa. Atto indegno, sia chiaro, ma che è solo servito da pretesto per scatenare la bagarre proprio nella città di Anna Frank e proprio alla vigilia di quella Notte dei cristalli (9-10 novembre 1938) da cui la storia fa iniziare la dittatura nazista antiebraica.
Due coincidenze che, con le indagini in corso, fanno propendere fortemente per l’azione premeditata. Pressoché istantaneo lo sdegno del mondo politico, olandese, europeo e, naturalmente, israeliano, ma sarebbe un grossolano errore definire tutto entro i limiti della contrapposizione ideologica. I Paesi Bassi sono lo stato dove Geert Wilders, leader dell’estrema destra, ha vinto le recenti elezioni e se n’è uscito con una dichiarazione sorprendente: “Le autorità sono responsabili dell’incapacità di proteggere i cittadini israeliani”. In Germania, Austria, Francia la destra neonazista ha da tempo rialzato la testa. In Italia come altrove, la campagna di stampa pro-Palestina supporta da un anno a questa parte manifestazioni di piazza in cui bandiere rosse e palestinesi marciano a braccetto, fra slogan sanguinari e bandiere israeliane date alle fiamme (a fine settembre in un corteo milanese s’è visto un cartello contro Liliana Segre, un docente di scuola media superiore ha definito il ministro Valditara “neonazista da picchiare” e, sospeso nei giorni scorsi per tre mesi dal lavoro, ha ricevuto la solidarietà di Alleanza Verdi Sinistra), dimenticando (volutamente) che in questa guerra assurda che insanguina il Medio Oriente tutti hanno la loro parte di torto e di ragione.
E poi c’è la storia, quella che ha cominciato a radicarsi nel cuore dell’Europa un secolo fa con camicie nere e brune, fasci littori e svastiche, cui i governi dell’epoca (inglese, francese, italiano) fecero spallucce nella convinzione che Hitler soprattutto si sarebbe accontentato di fare la voce grossa coi vicini di casa e tutto sarebbe finito lì. Fu proprio quella sottovalutazione politica che non impedì alla miccia di arrivare a far esplodere la bomba e non vorremmo che la stessa cosa accadesse anche oggi. In nome di una presunta libertà di pensiero, è ovvio, che è il cavallo di battaglia di chi vede sempre un nemico da abbattere. Perché se la democrazia è malata un po’ ovunque (le recenti elezioni americane ne sono la prova più eclatante, coi due contendenti che hanno fatto rimpiangere il fair play dei Roosevelt e dei Kennedy), le difese immunitarie si abbassano e i colpi di testa sono dietro l’angolo, da destra come da sinistra. Caino insegna e a farne le spese è sempre Abele.
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