Com’è noto, una settimana fa il fondo infrastrutturale americano Kkr ha presentato una proposta di offerta per l’acquisto di Tim. Alla notizia, la reazione del titolo in borsa è stata molto buona (+30%) mentre il socio di maggioranza relativa, Vivendi (23,9% delle azioni), ha giudicato insufficiente l’offerta degli americani.
Da par suo, il Governo – per il tramite del titolare del Mef Daniele Franco – ha emanato una nota in cui si è avvertito un certo apprezzamento, confermato in settimana dal Premier Mario Draghi, e la volontà di non ostacolare l’operazione: in buona sostanza, l’esecutivo ha preso atto di un’offerta che proviene da un “investitore qualificato”. Dopodiché la nota ha rimarcato che Tim è la società che detiene la parte più rilevante dell’infrastruttura di telecomunicazione del Paese, e che di conseguenza il Governo valuterà attentamente la situazione anche in ragione delle sue prerogative (la Golden Power).
La notizia si è presentata come un fulmine a ciel sereno. Inoltre, Kkr è un interlocutore con alcune particolarità significative: è americano, ha in gestione oltre 400 miliardi (circa un quarto del nostro Pil), è già presente nel pacchetto azionario di FiberCop proprio insieme a Tim e a Fastweb. Di certo sappiamo che Tim ha bisogno di un’iniezione di denaro, la situazione è davvero critica. L’indebitamento è stimato attorno ai 21 miliardi e le marginalità lorda attorno ai 7. Dopo l’offerta di KKR il titolo ha registrato un balzo significativo, ma a fine ottobre valeva 0,32 euro. Consideriamo che nel 2015, quando Vivendi diventava azionista di maggioranza acquisendo il 23,9%, il titolo era quotato a 1,08 euro. Quando nel ’97 il Governo italiano decise di cedere Tim, nello stesso periodo il Governo spagnolo cedeva Telefónica. All’epoca Tim valeva il 30% in più di Telefónica, oggi ne vale la metà. Questo ci dice di quale performance negativa si è resa protagonista l’azienda.
Non è semplice prevedere come l’operazione potrà concludersi, vi è infatti qualche incognita, ma Draghi non pare estraneo a questa situazione. La sensazione è che l’operazione evolverà. A ogni modo, è un’evoluzione che può presentare caratteri di positività per l’interesse nazionale. L’azienda è in seria difficoltà e ha bisogno di una restart. Quindi, un investitore qualificato che si presenta con un’offerta è il benvenuto. Il punto vero, tuttavia, è che il Governo – proprio attraverso il potere speciale della golden power a cui è già ricorso in altre occasioni – può determinare un equilibrio importante.
Da questo punto di vista, è interessante notare che lo stesso fondo, quando ha presentato l’offerta, l’ha subordinata al gradimento del Governo italiano. Naturalmente, in Kkr sanno che esiste la golden power; il punto è un altro, in Kkr sanno che col Governo italiano dovranno negoziare alcune condizioni imprescindibili. Teniamo presente che stiamo parlando di una delle infrastrutture su cui poggiano gli investimenti del Pnrr.
Come può evolvere dunque la situazione? Intanto, come si è appreso nella serata di venerdì a seguito del cda di Tim, Luigi Gubitosi ha rimesso le deleghe, come voleva Vivendi. Pietro Labriola è il nuovo Direttore generale. È uomo piuttosto apprezzato da Vivendi e manager capace di sviluppare business (Tim Brasil). Vivendi ha avuto quel che voleva e Kkr rivedrà la sua offerta, in modo che Vincent Bolloré darà il suo placet. In secondo luogo, il Governo potrebbe riportare a casa la rete oppure rafforzare la presenza di Cdp nel pacchetto azionario.
A ogni modo, non è questo un assestamento sufficiente a dare una prospettiva di ripresa a un’azienda a un passo dal default. Tim ha bisogno di una svolta industriale prima che di business. Non mancherà qualche ulteriore sviluppo, in particolare al vertice. Vittorio Colao, che nel suo ruolo di ministro dell’Innovazione tecnologica non sta particolarmente brillando, potrebbe ritrovare il suo ruolo naturale dato che è stato un’ottima guida per Vodafone. Inoltre, proprio ieri si è appreso del possibile avvicendamento del Presidente Salvatore Rossi con una vecchia conoscenza del mondo delle Tlc come Massimo Sarmi, Presidente di FiberCop e di Asstel. A caldeggiare la candidatura è il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Tuttavia, non è escluso che nel proseguo dell’operazione si scopra un player del settore.
Twitter: @sabella_thinkin
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