Franco Bernabè, Marco Patuano, Giuseppe Recchi, Flavio Cattaneo, Arnaud de Puyfontaine, Amos Genish, Fulvio Conti, Luigi Gubitosi, Salvatore Rossi. Da ieri con Pietro Labriola si potrebbe fare una partita di calcio. Questi 11 sono i Presidenti e gli Amministratori delegati che si sono susseguiti da quando Vivendi è l’azionista di maggioranza relativa di Tim. Undici manager di altissimo livello, fra cui anche lo stesso Amministratore delegato del gruppo francese, che per vari motivi si sono dimessi o sono stati dimessi, spesso con buonuscite milionarie. Nello stesso periodo l’Italia ha avuto sette Governi comprendenti tutto l’arco costituzionale, da Sinistra italiana a Fratelli d’Italia.



La domanda sorge spontanea: com’è possibile che in tutto questo tempo i cugini d’Oltralpe abbiano litigato con tutti? Undici top manager, sette Governi, per non parlare degli altri soci, da Elliott a Cdp al mercato, che qualche anno fa li fece andare in minoranza.

Si sa che i francesi non sono inclini all’autocritica, ma non gli viene il dubbio che forse un pezzo del problema sono loro? Rete unica sì, rete unica no, scorporo della rete, Netflix europea, Vivendi italiana: in questi anni le dichiarazioni del plenipotenziario dei Bolloré in Italia, de Puyfontaine, si sono susseguite come un orologio costantemente sbagliato, fino alla bocciatura ieri dell’ultimo Ceo da loro scelto, quel Pietro Labriola che pure in Italia è considerato quello fra gli ultimi in Tim che più conosce il mercato delle telecomunicazioni. “Sono stati persi venti mesi”, hanno tuonato ieri da Parigi, come se loro non fossero stati presenti in un Consiglio nominato da loro stessi, ma passassero di lì per sbaglio.



Labriola sembra avere quindi la scadenza come lo yogurt, visto che nella primavera del 2024 scadrà l’attuale Consiglio e appare improbabile che Vivendi lo reinserisca in lista. Arriverà un nuovo Ceo, sicuramente un nuovo Presidente (l’attuale Rossi lo vorrebbero cacciare da più di un anno), così la squadra di calcio avrà anche le riserve.

Ma forse mai in questa occasione da mandare via sarebbero l’allenatore o l’azionista…

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