Tim Parks sarà uno dei protagonisti dell’inedita edizione del Salone del Libro di Torino che si terrà in questi giorni in forma “virtuale” (come sta accadendo peraltro a tante altre manifestazioni di questo stesso tenore) a causa dell’emergenza Coronavirus nel nostro Paese e per questo motivo il 65enne romanziere britannico originario di Manchester si è concesso, come capita in queste circostanze, il solito giro di interviste rilasciandone una molto interessante alla versione cartacea de Il Messaggero. L’autore che da sempre ha un rapporto privilegiato con l’Italia, insegnando anche in alcuni atenei ed essendo un tifoso sfegatato dell’Hellas Verona, ha infatti avuto modo di commentare l’abitudine di molti suoi colleghi nostrani di avere delle rubriche sui principali quotidiani, bacchettandoli un po’: “Quando un romanziere diviene collaboratore fisso raramente dice cose inedite” ha spiegato lo scrittore mancuniano che da quasi 40 anni risiede nel nostro Paese, secondo cui agli italiani piacciono gli scrittori che emettono sentenze e citando tra i contemporanei Paolo Giordano, Antonio Scurati ed Enrico Brizzi che, a differenza di un Salman Rushdie nel Regno Unito, hanno delle loro rubriche dopo aver ottenuto dei comunque importanti successi letterari. Parlando invece del lockdown, che lui ha vissuto a Milano, Parks ha bollato come “isteria collettiva” la reazione di molte persone, sottolineando a suo dire che non si sarebbe dovuto dare importanza nelle conferenze stampa quotidiane al numero dei morti dato che per lui “il panico sarà il vero nemico”.
TIM PARKS, “SCRITTORI RISUCCHIATI DAL SISTEMA TRA RUBRICHE E COMPARSATE TV”
Unica eccezione secondo lui in questo panorama di sovraesposizione mediatica per molti scrittori è Elena Ferrante (che per un certo periodo ha tenuto una sua rubrica per il The Guardian, NdR) che grazie al meccanismo dell’anonimato sarebbe diversa dai suoi colleghi e si sottrae così anche alle “comparsate televisive”. Tornando al Salone del Libro in formato “a distanza”, Tim Parks nella suddetta intervista a Il Messaggero ha parlato comunque di una iniziativa intelligente anche se si è trattato di una vera e propria mazzata a suo modo per Torino e per il mondo dell’editoria. E sulla proliferazione di festival di letteratura ed eventi a tema? “Ne sono spuntati a dozzine, spesso frequentati da persone più interessate alla socialità che all’acquisto di libri” si è lamentato il 65enne Parks, che poi scherza sull’argomento e spiega che secondo lui la razza umana continuerebbe tranquillamente a esistere pure senza leggere dei libri… anche se lui ovviamente spera che le cose non vadano affatto in questa direzione. Infine, un accenno al suo nuovo volume e di prossima uscita, ovvero “Italian Life: A Modern Fable of Love adn Betrayal”, in cui partendo dal suo vissuto parla di un Paese che, a suo dire, sarebbe generoso con gli stranieri e invece brutale con gli “esclusi”. Ipotesi certamente interessante che, tuttavia, forse oggi nella situazione attuale non trova sempre compiuta attuazione visto che il meccanismo della brutalità di cui parla Parks non sembra risparmiare nessuno, indipendentemente dalla collocazione sociale o dalla carta d’identità. “Comunque” conclude “in Italia il tema della meritocrazia è sempre al centro del dibattito: tutti ci auguriamo vengano scelte le persone giuste… ma il dubbio rimane”.