Qualcuno potrà aver alzato il sopracciglio leggendo che alla regia di Timmy Frana, uno dei primi film originali prodotti per Disney+, ci sia Tom McCarthy regista premio Oscar per Il caso Spotlight. Eppure, al netto di una carriera da regista sotto l’imprinting del cinema indipendente o impegnato, McCarthy è uno sceneggiatore da sempre vicino al mondo Disney e ai ragazzi, come dimostrano gli script di Up, Million Dollar Arm e Ritorno al bosco dei 100 acri.



Timmy Frana è quindi una specie di ritorno a casa: tratto dai romanzi di Stephen Pastis, che sceneggia assieme al regista, il film racconta del Timmy del titolo, un ragazzino che gestisce una – molto presunta – agenzia di investigazioni assieme a un orso polare non troppo sveglio e ad alcuni compagni di scuola. L’ultimo anno delle scuole elementari coinciderà però con una serie di grossi “casi” che vedono coinvolti dei “pericolosissimi russi”.



Usiamo le virgolotte perché le investigazioni e i nemici sono nella fantasia di Timmy, ragazzino molto intelligente, ma altrettanto fuori dal coro che cerca come può di superare l’abbandono da parte del padre e la vita familiare con la mamma e la scuola non sempre facilissima: i racconti di avventure che nascondono un delicato racconto di formazione in Timmy Frana (sottotitolo italiano: Qualcuno ha sbagliato, la giustificazione che Timmy usa sempre per i suoi disastri) nel film di McCarthy diventano una commedia psicologica con un risvolto avventuroso che il regista usa anche per fare una sorta di parodia dei racconti spionistici di altri tempi.



Così il film crea un mondo che è allo stesso tempo a misura di bambino con un piccolo eroe che salva il mondo, fantasmagorie improbabili come appunto l’orso polare e acerrimi nemici e a misura di nostalgici di un certo tipo di racconti, in cui come in certi romanzi di Fleming lo spionaggio e la detection si possono mischiare con la fantascienza, l’hard boiled dei detective duri (la voce fuori campo di Timmy, il suo registratore a cui affida i suoi “appunti”) e l’esagerazione delle distopie da Guerra fredda, con i russi cattivoni che sono anche un commento sulla paura del diverso e dello straniero.

La stessa paura che Timmy sente sulla sua pelle, quel timore di non essere normale misto alla rivendicazione della sua diversità che è alla base di moltissimi prodotti Disney (si veda anche il cortometraggio “Float”, che si trova sempre sulla piattaforma). Timmy Frana però per raccontare questo usa un tono troppo direttamente psicologico, dimenticandosi l’avventura e minimizzando il suo risvolto slapstick.

Forse per questioni di budget (42 milioni di dollari, per Disney un prodotto medio, sebbene sempre su Disney+ si trova Togo, molto più spettacolare ma costato 2 milioni in meno), forse per vicinanza alle corde registiche di McCarthy, il film sembra un po’ sottotono. Resta in ogni caso un buon prodotto educativo ma simpatico al tempo stesso, in cui la tenerezza dei suoi personaggi e la loro inadeguatezza permettono lo stesso di colpire il bersaglio.