Tina Montinaro, la vedova di Antonio, caposcorta di Giovanni Falcone, si racconta a “Da noi… ruota a libera” di Francesca Fialdini. “Non mi definisco la vedova, ma la moglie di Antonio Montinaro. Lui continua a riempirmi la vita tutti i giorni” esordisce la donna che non nasconde – “è chiaro mi commuovo ancora, cinque anni d’amore e due splendidi figli”. A pochi giorni dal 28esimo anniversario della strage di Capaci, la donna dichiara: “quando si sposa un poliziotto tutta la famiglia entra in polizia, si decide da che parte stare. Quando io ho incontrato questo ragazzone bellissimo, non era solo bello fisicamente, ma era bello dentro per le sue scelte. Un ragazzo che arriva a Palermo nell’86, aveva solo 24 anni, ci siamo conosciuti, innamorati e sposati subito”. Parlando poi della decisione del marito di scortare il magistrato Giovanni Falcone, Tina Martinez precisa: “non ho mai detto a mio marito non lo fare, certo ero preoccupata il periodo era quello che era, sapevi quando usciva la mattina, ma non sapevi mai a che ora poteva rientrare a casa. Ero orgogliosa di lui, quando raramente ne parlavamo lui rispondeva in un solo modo ‘il giorno in cui accade mi verrai a prendere col cucchiaino perchè di me non resterà più nulla’. Era consapevole, lui diceva sempre che un uomo come il dottor Falcone andava protetto e lui quello voleva fare proteggerlo fino alla fine”. Sul finale la vedova Montinaro racconta perché ha deciso di restare a Palermo: “non mi sono mai sentita sola. Sono una moglie di un poliziotto, non scappiamo e camminiamo a testa alta. Sono gli altri che si devono vergognare e la mia presenza a Palermo deve dire tutto anche senza aprire bocca”. (aggiornamento di Emanuele Ambrosio)
Tina Montinaro, moglie Antonio: “Sono rimasta a Palermo perchè…”
Tina Martinez ha scelto di seguire il destino del marito Antonio Montinaro, il capo della scorta di Giovanni Falcone morto durante la strage di Capaci. Due anni fa infatti ha scelto di entrare in Polizia per continuare la lotto contro la mafia e rendere così giustizia alla memoria dei caduti. La parola ‘giustizia’ è sempre stata presente nelle dichiarazioni di Tina, così come ha spesso ribadito di essere la moglie di Antonio e non la sua vedova. “Napoli è la mia città”, ha detto tre anni fa durante l’omaggio a Falcone, riferisce La Repubblica, “sono rimasta a Palermo perchè ‘quelli’ mi devono vedere ogni giorno“. Oggi, domenica 17 maggio 2020, Tina Martinez sarà ospite di Da noi… a ruota libera. La moglie di Antonio non ha mai smesso di far sentire la sua voce, a volte forse scomoda agli occhi di molti. “Evidentemente c’è qualcuno che non la vuole scrivere questa verità. Ma non solo per Capaci, anche per via D’Amelio”, ha detto nei mesi scorsi a LaCNews24, “Del resto, siamo in un’Italia in cui la verità sulle stragi non è mai venuta fuori. Dobbiamo lottare, allora, per ottenere la verità. Perché non c’è giustizia senza verità”.
Tina Martinez, moglie caposcorta Giovanni Falcone: quella chiamata il 23 maggio del ’92
Tina Martinez ricorderà per sempre la telefonata ricevuta il 23 maggio del ’92, quando le è stato comunicato che il marito Antonio è morto nella strage di Capaci. “All’inizio sei talmente sconvolta da non volerlo accettare“, ha detto a LaCNews24, “stai solamente male. È come ricevere un pugno nello stomaco che non ti fa respirare né capire. Lo comprendi dopo, un po’ alla volta, che Antonio non tornerà più. Ma si va avanti per i figli e per la rabbia. Sì, la rabbia, quella che hai dentro. È una rabbia sana, sicuramente costruttiva“. A 30 anni di distanza dalla tragedia, Tina continua a sentire forte la mancanza del consorte. Di lui le manca tutto, nelle piccole cose della quotidianità familiare, nei progetti futuri e nelle nascite che di recente hanno fatto allargare il suo nido. “In occasione della nascita del suo primo nipotino, Antonio”, specifica, “è chiaro: mi manca tanto“. Per Tina non ci sono dubbi: i mafiosi sono solo dei vigliacchi, incapaci di fermare la ruota della giustizia e i familiari delle molteplici vittime. Lei tra l’altro sarà una delle poche a non pronunciare parole di perdono nei giorni successivi alla strage. “Non penso che certe cose si possano perdonare“, sottolinea, “e poi sa che le dico? Che nessuno l’ha mai chiesto, il perdono. A me si chiede sempre se io abbia perdonato, ma ci si dimentica che sono loro a non averlo chiesto”.