Associazione a delinquere finalizzata alla frode processuale, alla calunnia e alla truffa: queste le accuse mosse dalla procura di Napoli Nord contro Emme Team, la società che fece aprire l’inchiesta su Tiziana Cantone per omicidio. Dipinti come guru dei cold case da alcuni programmi televisivi, in quanto specializzati nel far riaprire le inchieste, ora finiscono loro nel mirino della legge. Proprio in un atto giudiziario relativo al caso della 33enne di Mugnano (Napoli) ritrovata impiccata, dopo che i suoi video intimi erano stati diffusi senza consenso, si trova traccia dell’esistenza di questo fascicolo. Ne parla il Fatto Quotidiano, spiegando che si tratta della richiesta di archiviazione delle indagini per omicidio, aperte dopo un esposto della mamma della ragazza, Maria Teresa Giglio, che non ha mai creduto alla tesi del suicidio e che all’epoca era affiancata proprio da Emme Team.



In un passaggio si parla di «investigatori, calunniati dal gruppo di consulenti e legali noto col nome di Emme Team, di cui si era avvalsa la Giglio (e nei cui confronti si procede in altro procedimento sorto quale costola del presente procedimento)». Il Fatto ha rivelato che questo procedimento costola è aperto anche per altri reati, oltre all’associazione a delinquere. Inoltre, tra le persone indagate a vario titolo dal pm Giovanni Corona e dal procuratore capo Maria Antonietta Troncone ci sono, ad esempio, Mirko Zeppellini, presunto leader di Emme Team, l’avvocato Salvatore Pettirossi, l’avvocato Luciano Faraone e il consulente Mirko Miele. Quest’ultimo fornì una consulenza per smontare il lavoro dell’ingegnere incaricato dalla procura di sbloccare e accedere ai dati del cellulare di Tiziana Cantone.

TIZIANA CANTONE, INDAGATA ANCHE LA MAMMA MA…

Il Fatto Quotidiano rimarca anche il fatto che tutti sanno di essere sotto inchiesta, perché nel luglio scorso il pm dispose alcune perquisizioni, precisando le accuse. Inoltre, la procura di Napoli Nord ha iscritto Emme Team nel registro degli indagati per la continua reiterazione delle condotte nell’inchiesta sulla morte di Tiziana Cantone. In particolare, per il costante ricorso a “screditare” le consulenze chieste e usate dal magistrato, tramite contro perizie con cui si accusava il tecnico di turno di aver asserito il falso. Risulta indagata anche la mamma di Tiziana Cantone, Maria Teresa Giglio, ma come atto obbligatorio. Nel frattempo, la signora ha revocato il mandato ad Emme Team, affidandosi ad altri avvocati, grazie a cui le indagini per omicidio non si sono chiuse. Infatti, il gip Raffaele Coppola ha sospeso la richiesta di archiviazione, accogliendo un atto di opposizione, e ha ordinato di eseguire «nuove indagini e nominare un perito che, analizzando l’attrezzo ginnico, il foulard e la posizione in cui la Cantone è stata trovata, possa, mediante esperimento giudiziale, accertare la compatibilità di essi con un decesso per asfissia da impiccagione». In sintesi, se si riesce a dimostrare che Tiziana Cantone non poteva morire suicida impiccata in quella posizione, cioè legata con la pashmina sulla pancetta, allora la sua morte non può che essere frutto che di omicidio. Ma è un assunto da provare. Riuscirci è tutt’altro che semplice, anche perché quella stoffa fu restituita alla mamma della ragazza, quindi è ignoto ai pm se e come sia stata conservata. La signora la consegnò a Emme Team, che annunciò la scoperta da parte di un genetista di tracce di Dna di due uomini. Ma ora la pashmina non è né nelle mani della procura né dei legali di Maria Teresa Giglio.

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