Il fenomeno delle operator attack e della continua riduzione dei prezzi nel settore della telefonia rappresenta una dinamica tipica del mercato italiano, che rischia di mettere sotto pressione l’intero comparto delle telecomunicazioni.
Anziché essere la soluzione al problema, dunque, lo sta aggravando.
Il caso più recente è emblematico, anche se non è l’unico: ad esempio, da un lato Wind3 – anche tramite il suo second brand Very Mobile – lancia promozioni a prezzi stracciati, in alcuni casi “riservate” solo ai clienti di altri operatori con offerte che variano a seconda dell’operatore di cui si è cliente con la campagna “E’ per sempre e costa meno”, ma dall’altro – con il suo brand principale – procede con rimodulazioni al rialzo delle proprie offerte; infatti, l’operatore ha già avvisato un primo gruppo di utenti che già ad inizio 2025 il costo del proprio abbonamento salirà, con aumenti fino a 3€ in più al mese.
Questa strategia a doppio binario sembra essere volta ad ampliare la base clienti nel breve termine. Tuttavia, appare in contrasto con le dichiarazioni fatte dal CEO Gianluca Corti durante il ComoLake 2023, dove ha sottolineato l’importanza di superare la “guerra dei prezzi”, poiché la competizione basata esclusivamente sul ribasso delle tariffe, infatti, si accompagna a una costante erosione dei ricavi per il settore. Eppure, è proprio Wind3 da mesi in promozione con offerte a 4,99€, meno della metà dell’ARPU – l’indicatore che misura il ricavo medio generato per utente in un determinato periodo di tempo, solitamente su base mensile o annuale – della stessa Wind3.
Anche Roberto Basso, direttore external affairs and sustainability di Wind3, ai microfoni di Formiche.net ha evidenziato come le tariffe siano diminuite di oltre il 33% e quanto sia importante “trovare un equilibrio tra la convenienza tariffaria che nell’immediato costituisce un vantaggio per il consumatore e la capacità degli operatori di investire, che garantisce ai consumatori e alle imprese servizi di alta qualità nel futuro“.
Qual è allora il punto di equilibrio? Che sia questa la strada giusta? Se la concorrenza equa fa bene a tutti, allora appare urgente un intervento per spazzar via anche le contraddizioni di chi lamenta gli effetti della guerra dei prezzi, ma al tempo stesso vi contribuisce.
I RISULTATI DELLA GUERRA DEI PREZZI
Questa caccia al cliente di operatori concorrenti a colpi di offerte aggressive nel breve termine consente di ottenere un incremento di utenti, ma è nel medio periodo che produce effetti negativi che sono dirompenti.
Non è in dubbio, dunque, che la guerra dei prezzi ha determinato una contrazione dei ricavi e causato un calo degli investimenti che non solo penalizzano il mondo tlc, ma minacciano anche la sua sostenibilità. I dati parlano chiaro e rendono l’idea delle “condizioni di salute” del settore: le offerte riservate contribuiscono alla contrazione del valore complessivo del mercato, con un impatto negativo che non risparmia nessuno degli operatori.
Lo evidenzia, ad esempio, lo studio “Dinamiche competitive del settore della telefonia mobile. Le offerte riservate“, firmato dai professori Cesare Pozzi, Domenico Lombardi e Davide Quaglione, da cui si evince che non solo questo meccanismo di offerte riservate è un’anomalia tutta italiana, ma ha effetti sconvolgenti sul settore delle telecomunicazioni. Questo lavoro ha esaminato in maniera approfondita il fenomeno, rilevando che la telefonia mobile ha riportato un calo dei ricavi del 36,3% nel decennio che va dal 2013 al 2023.
Ma anche il rapporto sulla filiera delle telecomunicazioni in Italia 2024 di Asstel, l’Associazione di categoria nel sistema di Confindustria che rappresenta la filiera delle telecomunicazioni, lamenta che nel 2023 i ricavi degli operatori tlc in Italia hanno registrato una lieve stabilizzazione, ma tra il 2010 e il 2023 sono scesi di 14,7 miliardi, con una perdita del 35% per tutto il mercato.
Per quanto riguarda i flussi di cassa, nel 2010 era positivo per 10,5 miliardi di euro, mentre l’anno scorso è sceso a 500 milioni di euro, mostrando un ulteriore calo rispetto ai 700 milioni di euro del 2022. La stessa Asstel nel rapporto rimarcava come il trend sia “dovuto in particolare alla frammentazione del mercato e alla dinamica dei prezzi, inferiori a quelli dei principali mercati europei“.
LA CONCORRENZA DISTRUTTIVA
Sembra dunque, che più che una caccia a nuovi clienti, è in atto una guerra di difesa delle proprie posizioni e della propria base utenti che va avanti tra battaglie a colpi di operator attack e, quindi, ribassi di prezzi, col risultato che il settore delle telecomunicazioni appare come un cane che si morde la coda. L’Italia, che in Europa è il Paese con i prezzi più bassi e a livello globale è al secondo posto, dovrebbe interrompere questo circolo vizioso che impoverisce il settore e sé stessa.
La prospettiva, dunque, dovrebbe cambiare per rendere la concorrenza non solo equa, ma anche non distruttiva.
Sulla carta, non sembra poi così difficile, visto che gli operatori sono concordi con la necessità di regole e adeguamenti – basti leggere anche le recenti dichiarazioni di Pietro Labriola, ad di Tim – anche se poi, loro, sono gli stessi che danno vita a quelle battaglie con offerte aggressive con cui di certo non aumentano i loro ricavi, ma innaffiano semplicemente il loro orto Questa strategia è miope e porta solo a benefici di breve termine, rischiando di compromettere la sostenibilità del settore nel lungo periodo.