“Ciò che è veramente importante è sempre nascosto ai contemporanei, e i semi di ciò che deve essere stanno tranquillamente germogliando al buio in qualche angolo dimenticato, mentre tutti guardano Stalin o Hitler. Nessun uomo può stimare ciò che sta realmente accadendo nell’attuale sub specie aeternitatis”. Così scriveva Tolkien il 22 agosto 1944, negli anni più cupi del Novecento, allegando alla sua lettera al figlio scoraggiato le bozze dei capitoli centrali del Signore degli Anelli.
Più di settant’anni dopo i semi di quell’intuizione creativa sono germogliati in modo imprevisto, e l’interesse per l’opera di Tolkien, come un fiume carsico, continua a sgorgare in modo nuovo e potente, come dimostra la serie tv in uscita nel 2022, la più imponente e costosa mai realizzata da Amazon.
Qual è l’origine di questo interesse per Tolkien, che ancora sorprende e talvolta sconcerta? In un mondo così diviso, come fa Tolkien ad attirare così tante persone, provenienti da culture e background così diversi? E più in generale perché parlare di “fantasy” (come ingiustamente Tolkien è definito da chi non lo conosce), in un contesto storico così complesso e drammatico? Non ci sono forse altre priorità, molto più concrete e reali?
Queste domande sono al centro e all’origine di una grande mostra virtuale preparata dall’Università di Oxford e di St Andrews, in collaborazione con tanti partner, e inaugurata al Meeting di Rimini 2021. Il frutto inaspettato di un cammino di quasi due anni, in cui si sono coinvolte quasi 150 persone, con storie e professionalità molto diverse. Tanti accademici, da tanti paesi del mondo, rappresentanti di un research field sempre più in crescita nel mondo anglosassone.
Tanti artisti, tra cui in particolare i musicisti Nicolò Faciotto, Federico Mecozzi e Ivan Tiraferri, che insieme al videomaker Mario Brioschi e al disegnatore Giovanni Bonapace hanno realizzato un cortometraggio originale ispirato al Silmarillion di Tolkien – il cuore della mostra – che racconta la tensione drammatica tra la creatività dell’uomo e quella di Dio. E poi l’interactive designer Biancamaria Mori dell’azienda Api Srl, che con il suo fantastico gruppo ha realizzato l’istallazione 3d, gestiti online dai server pixel streaming di Amazon con il supporto di Lorenzo Speranza; il collezionista Oronzo Cilli, che ha generosamente concesso di esporre parte della sua collezione al Meeting; il regista Paolo Morandi, e tanti altri. E infine tanti appassionati e volontari, che si sono impegnati per far conoscere e approfondire l’opera di Tolkien, al di là di tutte le riduzioni e i pregiudizi a cui purtroppo i film di Jackson hanno contribuito.
Tante tessere di un mosaico corale, in cui la tecnologia più avanzata è armonizzata con la ricerca accademica, il collezionismo con la divulgazione, la passione dei fan con la professionalità tecnica e artistica di tanti amici, vecchi e nuovi.
Un lavoro in cui metodo e contenuto coincidono: creare nuova arte, gratuitamente e nella propria particolare individualità, per comprendere di più quella ricevuta, raccontare nuove storie per continuare l’unica Grande Storia, e dunque innestarsi in quell’unica Opera creativa – The Tree of Tales. Quell’Opera a cui Tolkien diede un contributo così grande, e a cui ciascuno è chiamato a collaborare, con il “coraggio di dire io”, per il bene di tutti.
Perché, come ci dice Tolkien, e come racconta Il Signore degli Anelli: “Le grandi politiche della storia del mondo, ‘le ruote del mondo’, sono spesso fatte girare non dai Signori e dai Governatori, nemmeno dagli dei, ma da coloro che sembrano sconosciuti e deboli – a causa della legge segreta della creazione”.
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