C’erano tanti segnali e diversi preavvisi circa la terza ondata di covid che sta invadendo il nostro paese, ma probabilmente non sono state prese le misure necessarie per contenerla. E’ vero che come direbbe qualcuno “con il senno di poi…”, ma quanto racconta a Il Corriere della Sera Gabriele Tomasoni, direttore del Dipartimento emergenza degli Spedali Civili di Brescia, fra le zone più colpite dal covid negli ultimi due mesi, si basa su dati e numeri, quindi poco discutibili: «I dati clinici di Brescia – racconta colui che si occupa delle terapie intensive, delle anestesie e dei tre pronto soccorso dell’ospedale – e della sua provincia ci hanno dato un preavviso di quel che sarebbe accaduto. Fino a dicembre 2020 abbiamo tamponato una situazione non bresciana».



«Accoglievamo nelle terapie intensive – ha proseguito Tomasoni – un 40 per cento di pazienti da altre province, soprattutto dall’hinterland milanese. Una situazione che riuscivamo a gestire». Subito dopo le feste qualcosa è cambiato: «I contagi hanno preso a salire in modo quasi esponenziale. Anche nella nostra provincia. A febbraio, abbiamo avuto 1.200 casi in sole 24 ore. Era chiaro che sarebbero saliti i ricoveri».



GABRIELE TOMASONI: “I CICLI ERANO GIA’ PREVISTI…”

Qualcuno, un anno fa, aveva ipotizzato che un’emergenza di quel tipo non sarebbe più tornata, ma secondo Tomasoni era tutto prevedibile: «I cicli erano già stati previsti, anche se molti hanno finto di non sapere. Noi anestesisti ce la aspettavamo più degli altri. Per questo dico che le restrizioni della seconda e della terza ondata avrebbero dovuto essere anticipate di un mese almeno. Abbiamo perso tempo, continuiamo a perseverare nello stesso errore. Forse – sostiene – bisognerebbe ascoltare di più la voce degli ospedali. Noi anestesisti, pneumologi, rianimatori, siamo i canarini nella miniera di questa pandemia. E nessuno ci chiede mai nulla». Fortunatamente oggi, rispetto al marzo del 2020, si conosce molto meglio la malattia e di conseguenza anche la cura per trattarla, ma è anche vero che ogni paziente covid è diverso dall’altro: «A differenza dello scorso marzo – aggiunge Tomasoni – oggi abbiamo protocolli di cura, che applichiamo in modo preciso. Ma la risposta al virus continua a essere molto soggettiva, variabile in modo estremo da un organismo all’altro. Questa è una patologia dove due più due spesso fa cinque. E così, capita di perdere delle vite senza una vera ragione, all’improvviso. Una tragedia che ogni volta fatico ad accettare».

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