A Storie Italiane la vicenda di Tommasina De Laurentiis, 25enne morta nel 2013 mentre si trovava in sala operatore per sottoporsi ad un intervento banale, la rimozione dei calcoli. Il chirurgo che l’ha operata è stato condannato a 11 anni in primo grado per omicidio colposo e falsificazione di documenti, ma la madre non è ancora soddisfatta: “Voglio giustizia per mia figlia – le parole della mamma a Storie Italiane – io non vado più avanti senza di lei, è un dolore troppo forte. La condanna è giusta ma voglio che sia fatta giustizia fino all’ultimo. Voglio giustizia anche per mia nipote, non avere più la mamma a quattro anni…”.
Il medico Cerusico in studio a Storie Italiane, ha cercato di ricostruire la vicenda: “Sono interventi facili ma nel contempo delicati, è facile lesionare l’aorta. Questo incidente può capitare anche ai migliori chirurgi ma bisogna essere bravi a capire se c’è un’emorragia in atto. Il rischio maggiore c’è in una ragazza magra, c’è possibilità di toccare organi molto delicati. Bisogna cercare di capire subito se c’è l’errore, forse il medico condannato ha avuto paura, non ha gestito a livello psico-emotivo e chirurgico quanto accaduto e questo è un fatto gravissimo se fosse avvenuto. Noi facciamo il giuramento di Ippocrate e c’è scritto che non bisogna provocare la morte del nostro assistito, bisogna capire cosa è avvenuto e per quale motivo”.
TOMMASINA DE LAURENTIIS, LE PAROLE DELL’AVVOCATO DELLA FAMIGLIA
L’avvocato della famiglia De Laurentiis aggiunge: “Non si è trattato di omissione della cartella clinica, il primario è un pubblico ufficiale, come se fosse un carabiniere, ha scritto un qualcosa di completamente diverso rispetto a quanto eseguito un attimo prima in sala operatoria. Se da un lato aveva fatto tre interventi chirurgici sull’addome di Tommasina, nella cartella clinica, come si legge sulla sentenza, mentre si era barricato nella sala operatoria con fuori i carabinieri che chiedevano il documento, ha scritto di aver fatto un solo intervento e non tre, e di aver posto rimedio all’emorragia dell’aorta suturandola, cosa che invece non è avvenuta o per lo meno, lo avrebbe fatto dopo la morte della paziente. Tale informazione ha sviato le indagini ed ha prodotto una grandissima perdita di tempo. Non è un caso di malasanità ma un caso di vergogna e di criminalità”.