TOMMASO BUSCETTA, A 17 ANNI L’INGRESSO IN COSA NOSTRA

Nel 1945 Tommaso Buscetta fece il suo ingresso in Cosa Nostra. Il diciassettenne entro a far parte del “mandamento” palermitano di Porta Nuova. Nel 1949 poi si trasferì in Argentina e dopo il Brasile, dove aprì una vetreria ma non ottenne il successo sperato. Nel 1956 scelse di tornare a Palermo, dove si associò ai mafiosi Angelo La Barbera, Salvatore Greco, Antonino Sorci, Pietro Davì e Gaetano Badalamenti. In questo periodo di tempo si occupò di contrabbando di sigarette e stupefacenti, diventando inoltre un killer. Nel 1958 venne arrestato a Roma. Durante la prima guerra di mafia, Buscetta si schierò prima con La Barbera e con Greco. Dopo la strage di Ciaculli del 1963 scappò negli Stati Uniti dove aprì una pizzeria.



TOMMASO BUSCETTA, CHI ERA IL PENTITO

Tommaso Buscetta, anche conosciuto come “Don Masino”, fu il primo grande pentito di mafia. Membro di Cosa Nostra, dopo il suo arresto cominciò a collaborare con la giustizia, nel corso delle inchieste coordinate dal magistrato Giovanni Falcone. Le sue rivelazioni permisero di avere una dettagliata ricostruzione giudiziaria di quella che era l’organizzazione della criminalità siciliana. Grazie al suo contributo, la mafia cominciò a perdere di potenza, permettendo agli inquirenti da conoscere da vicino e dunque combattere sempre meglio quella che era l’organizzazione della mafia. L’uomo morì il 2 aprile 2000, a 71 anni, in Florida, dove aveva vissuto a lungo con la terza moglie e famiglia sotto falsi nomi.



TOMMASO BUSCETTA, LA STORIA VERA DIETRO IL FILM “IL TRADITORE”

Tommaso Buscetta fu il primo grande pentito della mafia siciliana. Le rivelazioni di “Don Masino” permisero di ricostruire, per la prima volta, l’organizzazione e la struttura della mafia siciliana dopo la guerra tra cosche che vide Totò Riina e Bernardo Provenzano prevalere sui “vecchi boss” di Santa Maria delle Grazie. Il suo contributo, la sua collaborazione con la giustizia, sono considerate fondamentali, perché diede inizio al declino del potere della mafia. Contribuì, infatti, a smantellare il mito dell’invulnerabilità di Cosa Nostra. Chiamato anche “Il boss dei due mondi“, in quanto era conoscitore della mafia italiana e di quella emigrata negli Stati Uniti, fu il primo a parlare a Giovanni Falcone della “cupola” mafiosa.



«L’uomo che aveva capito meglio di tutti chi fosse Buscetta rimane Falcone», disse Ottaviano Del Turco dopo la morte di Buscetta. Fu stroncato da un tumore che lo aveva colpito da anni ed è stato sepolto sotto falso nome a North Miami. La sua figura ha ispirato molte opere, infatti compare in quasi tutti i film e libri che raccontano gli anni delle stragi. Come “Il traditore” di Marco Bellocchio.

LE RIVELAZIONI DI TOMMASO BUSCETTA

Tommaso Buscetta raccontò i piani della mafia a Giovanni Falcone perché non si riconosceva più nella nuova Cosa Nostra, quella dei cortonesi, in quanto a suo dire aveva perso la sua identità. Quindi, non riteneva di essere lui il traditore, ma i sanguinari di Totò Riina che avevano abbandonato «valori, principi conosciuti e condivisi da tutti» per conquistare il potere. Le sue dichiarazioni aprirono uno squarcio importante sul mondo della mafia che era allora ignoto. Mandamenti, famiglie, la Commissione che era al vertice. Così i magistrati riuscirono a capire quello che accadeva a Palermo. Ma Tommaso Buscetta si rifiutò di parlare dei legami politici di Cosa Nostra. Dopo gli attentati mortali ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, cominciò a fare i nomi di Salvo Lima e Giulio Andreotti come principali referenti dell’organizzazione. Quindi, fu tra i principali testimoni nei processi a carico di Andreotti per associazione mafiosa e per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Andreotti fu assolto per quest’ultimo, ma ritenuto connivente con la mafia per i fatti precedenti al 1980, prescritti però al momento della sentenza.

IL RETROSCENA DI MARIA FALCONE SU TOMMASO BUSCETTA

Domenica scorsa, in vista del trentennale dalla strage di Capaci, la sorella di Giovanni Falcone ha ricordato l’incontro con Tommaso Buscetta ai microfoni di Non è l’Arena. «Mi ricordo soprattutto che mi accolse con commozione. L’ho visto come un signore di altri tempi. Portava un vestito di lino bianco, così come era uso ai tempi, nei primi del ‘900. Aveva l’atteggiamento di un uomo quasi elegante». Maria Falcone ha riportato anche «la cosa più bella» che le disse, riportando proprio le parole che Tommaso Buscetta le rivolse. «Signora, lei non può sapere quanto io ho amato suo fratello. L’ho rispettato, perché lui ha saputo rispettare me. Molti dicono in giro che io sono un amico di Giovanni, magari fossi stato amico di Giovanni. Io sono sempre stato dall’altra parte del tavolo, lui era il giudice e io ero il reo».