Il console italiano Tommaso Claudi, è divenuto uno dei grandi protagonisti di questi giorni, con la foto scattata in quel dell’aeroporto di Kabul, il bambino preso in braccio e tratto in salvo dai talebani che hanno preso il potere con la forza nelle ultime settimane. 31 anni non ancora compiuti, con meno di cinque anni di carriera diplomatica alle spalle, Tommaso Claudi si è trovato a dover gestire una delle crisi internazionali più gravi degli ultimi anni: «In effetti – conferma lo stesso, interpellato dai microfoni del Corriere della Sera – la crisi a cui assistiamo è molto grave e la situazione all’ingresso dell’aeroporto estremamente critica, per via delle tantissime persone che vi si accalcano. E arrivare all’aeroporto dalla città di Kabul è ormai difficilissimo se non impossibile».



Claudi è stato promosso a ruolo di console ad interim per gestire l’esodo all’aeroporto di Kabul dopo che l’ambasciata era stata evacuata, a cominciare dall’ambasciatore Vittorio Sandalli. «Che continua a svolgere naturalmente un ruolo fondamentale», assicura il giovane. Il console ha parlato così della foto simbolo: «Un momento che mi ha molto colpito. Non è facile vivere certe scene. Quel bambino è poi stato consegnato ai famigliari, lui con loro sani e salvi. Ma non è stato l’unico bambino. Ne ho salvati altri? Alcuni altre volte, sì».



TOMMASO CLAUDI, CONSOLE ITALIANO FOTO KABUL: “NE STIAMO SALVANDO TANTISSIMI”

«Stiamo portando in salvo un grandissimo numero di persone – ha aggiunto sottolineando il ruolo primario dell’Italia in questa crisi umanitaria – tra cui tutti i nostri connazionali che ne hanno fatto richiesta e quasi 2.700 cittadini afghani. Il numero muta continuamente e crescerà con i prossimi voli in programma. Ad oggi il numero di italiani evacuati si aggira sulla settantina, dalla crisi di metà agosto. E si stima che un’altra ventina siano ancora nel Paese, di cui la grande maggioranza collaboratori di Emergency». Claudi sta vivendo al momento in un locale all’interno dell’aeroporto, luogo in cui lavora organizzando senza sosta i rimpatri degli italiani e degli afghani. Il 31 agosto sembrerebbe essere la deadline, come annunciato dal presidente Biden, ma Claudi spiega: «Noi qui siamo per servire il nostro Stato e partiremo quando l’ordine ci verrà impartito da Roma».



TOMMASO CLAUDI: “IL MIO FUTURO? FINISCO IL LAVORO A KABUL POI UN’ALTRA SEDE ALL’ESTERO”

Tommaso Claudi ha parlato anche ai microfoni dell’Avvenire stamane, e sempre tornando sulla famoso foto simbolo ha spiegato: “Quando si sceglie di servire lo Stato, occorre essere pronti ad aiutare chi è in difficoltà o in pericolo, in questo caso le famiglie, donne e bambini. In questo momento, e in constante, pieno raccordo con i colleghi della Difesa e dei servizi di informazione, stiamo cercando di portare in Italia il maggior numero possibile di collaboratori afgani e le loro famiglie. La foto che è circolata nei giorni scorsi mi ha personalmente toccato, soprattutto perché testimonia l’impegno di tutto il Paese in queste ore drammatiche, ma fa parte del lavoro incessante e di squadra che stiamo portando avanti tutti insieme in questi giorni qui all’aeroporto di Kabul”. Tommaso Claudi non sa quando tornerà in Italia, prima vuole terminare la sua missione a Kabul, poi vorrebbe trasferirsi in una nuova sede all’estero: “Sono orgoglioso di poter servire il mio Paese. Vede, quella del diplomatico è una vocazione, una missione, non un semplice lavoro. Come me, ci sono molti altri colleghi nel mondo che ogni giorno si occupano di salvare vite, tutelare gli italiani in difficoltà, aiutare le persone che hanno bisogno. Il mio progetto è quello di continuare, e una volta terminato il mio compito qui, di prestare servizio in una nuova sede all’estero”.