Gianni Tonelli, nel corso di una intervista a Radio Radicale, ha detto la sua sui referendum della giustizia. Il prossimo 12 giugno, oltre alle elezioni amministrative, si potrà infatti votare anche per i cinque quesiti proposti dalla Lega e dai Radicali. Di questi tre hanno a che fare con l’ordinamento giudiziario e due invece con profili specifici in materia di processo penale e di contrasto alla corruzione.



Il deputato della Lega, tuttavia, ritiene che la questione non stia avendo la necessaria visibilità. “Vi è una cappa di soffocamento del dibattito attorno al referendum. È l’evento più importante di vita pubblica degli ultimi trent’anni perché si tratta di resettare quelli che sono difetti di sistema che rendono impossibile la vita pubblica ed il governo del Paese”, così lo ha presentato Gianni Tonelli. “C’è sempre stata una grande complicità tra sistema informativo e sistema giudiziario. Il sistema informativo ha sempre goduto di questo strapotere degli ultimi anni e adesso è ostico all’idea referendaria e al raggiungimento del quorum, perché a quel punto il risultato sarebbe scontato. La popolazione non ha fiducia nei confronti della magistratura, per cui l’unico modo per far saltare tutto è quello di tenere bassa l’attenzione”.



Tonelli su referendum della giustizia: l’importanza di rifondare il sistema

Gianni Tonelli ritiene che sia indispensabile, piuttosto, che si arrivi al quorum anche in virtù delle vicissitudini degli ultimi tempi: “Il caso Narducci è soltanto uno dei tanti. Ce ne sono decine di migliaia che hanno determinato la necessità condivisa da sempre dal Partito Radicale e ora anche dalla Lega di una maggiore responsabilizzazione dell’azione giurisdizionale. È una esigenza di sistema. Il caso Narducci ci fornisce dodici anni di travaglio di disumanizzazione su delle bugie totali dimostrate. Era evidente fin dall’inizio l’abuso che questi colleghi stavano subendo”.



E nel corso della sua intervista a Radio Radicale aggiunge: “Il mio invito al tribunale è stato quello di riflettere. In Italia la classe dirigente dei primi anni 90 ha fatto un errore mortale: pensare di ricostruire il rapporto fiduciario logorato con la comunità del Paese abolendo l’immunità parlamentare. Questo ha scombinato totalmente l’ingegneria costituzionale facendo uscire dal suo alveo naturale il baricentro di potere della tripartizione a favore di due in particolar modo della magistratura ed il Quirinale. Invece è stato scombinato completamente. Il Parlamento infatti oggi non conta più nulla. Ora si tratta di riportare il baricentro nel suo alveo naturale secondo quanto stabilito in principio dai padri costituenti. A questo serve il referendum”.