Un padre ha dovuto aspettare due anni e mezzo prima di poter riabbracciare il figlio di nove anni, che era stato rapito dall’ex moglie e portato in Romania. Tanto è durato, dal marzo del 2019 all’ottobre del 2021, il calvario di un uomo di Torino, che ha vissuto un periodo della sua vita tremenda, ma che fortunatamente si è concluso con il lieto fine. Una vicenda rocambolesca raccontata dal Corriere, che sottolinea come lo stesso padre abbia dovuto raggiungere la scuola dove il figlio studiava, scortato dalla polizia: «Hanno provato a bloccarmi – ha spiegato – le insegnanti hanno sbarrato la porta dell’istituto e gli agenti l’hanno buttata giù a spallate. Avevo i documenti in regola, eppure ho dovuto rifugiarmi in ambasciata».
In seguito padre e figlio hanno dovuto percorrere 450 chilometri con un bus: «Nove ore di viaggio per giungere in un’altra città, dove siamo stati ospitati da un amico. Poi la corsa all’aeroporto. Mio figlio mi ha stretto a lui per tutto il tempo». Poi, finalmente, l’arrivo a Torino, dove il bimbo ha potuto riabbracciare la sorella: «La sorella non smetteva di coccolarlo. Non so quante lacrime ho versato e ancora adesso ho il magone a raccontare questa storia: ho temuto di non rivederlo più». L’ex moglie, una donna rumena di 45 anni, è stata condannata a due anni e un mese di reclusione per sottrazione di minore e per aver violato le disposizioni del Tribunale che regolavano l’affido, e nel frattempo ha perso la potestà genitoriale e a ottobre sarà di nuovo sotto processo per aver picchiato con una chiave la figlia maggiore.
TORINO, RIABBRACCIA IL FIGLIO DOPO DUE ANNI E MEZZO: “DOVEVO ANDARE A PRENDERE I BIMBI A SCUOLA…”
Eppure i quattro sono stati una famiglia felice per 7 anni, fino a che marito e moglie non si separano: «Dovevo andare a prendere i bimbi a scuola – racconta il padre ricordando quanto accaduto l’8 marzo 2019 – ero in ritardo e chiesi a un altro genitore di badare ai ragazzi per qualche minuto. La mia ex era fuori dall’istituto e ha fatto una scenata: li ha presi ed è scappata a casa. Li ho raggiunti, lei non mi ha aperto. Ho sentito urlare, poi il silenzio. Poco dopo mi telefona mia figlia, aveva 12 anni: era chiusa in bagno con il fratello ed era ferita. Ho chiamato la polizia».
La situazione degenera, con la madre che tenta di rapire la figlia, ma non riuscendoci scappa in Romania con il figlio minore: «Mi impediva di vederlo, di telefonargli. Sapevo che lui trascorreva ore davanti alla Playstation. Così ne ho comprata una e mia figlia si metteva in contatto con il fratello con una videochiamata. Io ogni tanto lo salutavo con la mano e restavo in silenzio. Se la madre avesse sentito la mia voce, avrebbe interrotto la comunicazione. Non volevamo perdere quell’unica possibilità di vederlo».
Inizia così un lungo calvario fatto di viaggi continui in Romania e un sacco di tempo ed energie impiegate: «Ho fatto dentro e fuori dai tribunali italiani e romeni. Ho rinunciato a fare carriera al lavoro per aver tempo libero e affrontare tutte le trafile burocratiche. Mi sono sottoposto a ogni verifica richiesta dai servizi sociali, come se fossi un genitore inadatto. Ma ne è valsa la pena». Finalmente, a ottobre 2021, la svolta e il ritorno a casa da papà.