Dopo i recenti terribili casi di San Gimignano e dello stesso processo Cucchi, nuove indagini emergono per violenze e tortura nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino: sei agenti penitenziari sono accusati di ripetuti e plurimi atti di violenza nei confronti dei detenuti e per questo sono stati arrestati questa mattina dopo l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su indagini del pm Francesco Saverio Pelosi. Gli stessi agenti di Polizia Penitenziaria sono stati messi agli arresti domiciliari in attesa della conferma nelle prossime giornate degli interrogatori di garanzia; il reato contestato alle sei guardie carcerarie è il 613 bis, più noto come “reato di tortura”, che punisce «con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi ovvero agendo con crudeltà cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a persona privata della libertà personale». L’inchiesta riguarda fatti commessi tra l’aprile 2017 e il novembre 2018 ed è scattata solo per una segnalazione del Garante delle persone private della libertà personale di Torino. La procura torinese indaga i 6 agenti per il reato di tortura fino al reperimento delle testimonianze e prove necessarie per emettere la custodia cautelare in attesa di capire dai diretti interessati come e con quali argomentazioni daranno la loro versione dei fatti. Ovviamente l’inchiesta di Torino nel carcere di Lorusso e Cotugno è ancora in corso dato che prova ad accertare eventuali responsabilità penali di altri agenti penitenziari, oltre a verificare se ci siano stati altri episodi analoghi oltre a quelli denunciati finora.



CARCERE TORINO, REATO DI TORTURA: COSA È SUCCESSO

Secondo quanto stilato dalla Procura di Torino (fonte Ansa), «l’applicazione delle misure cautelari si è resa necessaria per evitare, in questa delicata fase, il pericolo di inquinamento probatorio». Come visto col caso Cucchi, con fasi del processo che vanno avanti da oltre 10 anni, è fondamentale avere un quadro il più possibile chiaro per evitare eventuali “sotterfugi” nel nascondere le prove oltre al diritto degli stessi agenti di rispondere alle accuse con la propria versione e difesa. Nel frattempo dai verbali in mano a Repubblica di alcune accuse mosse contro gli agenti carcerari spuntano numerosi episodi di gravità e violenza inaudita, sia fisica che psicologica: «Impiccati, sarà dura stare qui per te», avrebbe detto un agente ad un detenuto. Schiaffi, sputi, insulti, pestaggi a corpo nudo e intimidazione al raccontare tutto in infermeria, «raccontare un’altra versione o ve la facciamo pagare». Raggiunto dall’Ansa il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci attacca «grave stato di disorganizzazione e l’assenza di qualsiasi capacità gestionale da parte degli attuali organi centrali dell’amministrazione penitenziaria, che non è in grado di prendere atto dello stato di abbandono e delle continue frustrazioni, offese e aggressioni subite ogni giorno dalle donne e dagli uomini della polizia penitenziaria». «Non possiamo negare d’altra parte – conclude il segretario del sindacato – il timore rispetto al richiamato reato di tortura, di recente introduzione, di un ‘effetto a catena’ che investa ogni criticità riguardo alle condizioni della popolazione detenuta italiana a differenza del persistente disinteresse per l’effettiva vivibilità lavorativa delle carceri per il personale di polizia penitenziaria».

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