Dolkun Isa, politico e cittadino uiguro di nazionalità e presidente del Congresso mondiale degli uiguri, è intervenuto sulle colonne del quotidiano “Libero”, intervistato dal giornalista Giovanni Terzi. L’uomo ha innanzitutto raccontato il dramma vissuto dalla sua famiglia: “Negli ultimi 5 anni ho perso entrambi i miei genitori a causa del genocidio del popolo uiguro da parte del governo cinese. Dopo che mia madre è morta in uno dei campi di concentramento nel maggio 2018, ho saputo della morte di mio padre da un articolo di propaganda del Partito Comunista Cinese nel gennaio 2019. Infine, l’anno scorso le autorità cinesi hanno condannato mio fratello minore all’ergastolo e mio fratello maggiore ad almeno 17 anni di carcere”.



La situazione nell’area dello Xinjiang viene segnalata da Dolkun Isa in continuo peggioramento, come è testimoniato dal fatto che in quella regione vi sia la più elevata concentrazione di telecamere di sorveglianza e, nonostante questo, si verifichi un genocidio. Pechino ha attuato una politica di repressione mirata all’eradicazione della nostra identità e cultura. I tibetani conoscono bene questa politica. Il regime cinese ha prima creato ‘campi di rieducazione’” definiti anche ‘campi di formazione professionale’, in cui sono attualmente reclusi circa tre milioni di uiguri, di cui un terzo minori strappati alle loro famiglie. Poi li ha trasformati in campi di lavoro, ovvero di schiavitù, in cui ogni violenza è la norma: sfruttamento, torture, stupri, sparizioni”.



UIGURI REPRESSI E TORTURATI DALLA CINA, DOLKUN ISA: “DOCUMENTATE DEPORTAZIONI FORZATE DI UIGURI IN ALTRE REGIONI CINESI”

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ha continuato il presidente del Congresso mondiale degli uiguri, ha documentato deportazioni forzate di uiguri in altre regioni cinesi e il Parlamento europeo ha stigmatizzato la pratica dell’espianto coatto di organi da detenuti presenti in quei centri di rieducazione. Per ora “il governo degli Stati Uniti è l’unico ad aver riconosciuto che ciò che avviene nello Xinjiang è genocidio, quindi il nostro obiettivo di normalizzare le determinazioni del genocidio rimane”.



La Cina, dal canto suo, ha dimostrato di prestare attenzione alle critiche formulate dalla comunità internazionale, ma il risultato è che oggi “attua la repressione contro gli uiguri con maggiore attenzione, quindi la macchina repressiva non si è fermata, anzi. Pechino ha aumentato la repressione transnazionale contro gli uiguri, per impedire loro di parlare apertamente. Purtroppo gli avvisi rossi (Red Notice) dell’Interpol continuano a essere uno strumento che il governo cinese usa frequentemente”.