Sono in totale 46 gli operatori del carcere di Trapani accusati – a vario titolo – di torture ai danni dei detenuti vittime di un sistema di violenze episodiche perpetrate per garantire l’ordine all’interno della struttura: questo è il quadro che emerge dalle indagini avviate ormai più di tre anni fa dalla Procura trapanese su spinta di parecchie segnalazioni da parte dei detenuti rinchiusi nel penitenziario che avrebbero posto in particolare i riflettori su 25 agenti penitenziari del carcere di Trapani, dei quali 11 sono già finiti agli arresti domiciliari e altri 14 sono stati interdetti dai pubblici uffici.
Tornando indietro nel tempo delle (è bene precisarlo, per ora presunte) torture nella struttura penitenziaria si era iniziato a parlare nel 2021 a fronte delle già citate segnalazioni da parte dei detenuti che parlavamo di un sistema vessatorio perpetrato degli agenti penitenziari: in un primo momento – dopo aver verificato le segnalazione – la Procura aveva proceduto ad installare nella struttura alcune telecamere di sorveglianza che hanno confermato la triste realtà di chi vive nel carcere trapanese, aiutando contestualmente a ricostruire lo schema di agenti ed operatori coinvolti nelle violenze.
Il procuratore Gabriele Paci: “Al carcere di Trapani le torture erano usate per garantire l’ordine”
Oggi, il procuratore trapanese Gabriele Paci è intervenuto in conferenze stampa sul tema del carcere di Trapani, confermando innanzitutto le “11 misure cautelari eseguite ieri sera” ed anche le “14 interdittive di sospensione dall’esercizio” per poi precisare che il Gip Giancarlo Caruso “non ha accolto tutte le richieste” avanzate per i “46 indagati”; il tutto definendo la struttura carceraria come un vero e proprio “girone dantesco” che ricorda troppo da vicino “i Miserabili di Victor Hugo”.
Parlando di quanto scoperto nel carcere di Trapani, il procuratore Paci ha posto in particolare l’attenzione sul “reparto blu” – che oggi è stato chiuso in relazione alle “carenze igienico sanitarie” – nel quale venivano portati “i detenuti con problemi psichiatrici o psicologici” per scontare l’isolamento: lì i carcerati “subivano violenze e torture” definite “non episodiche” e collegata ad un sorta di malto metodo “per garantire l’ordine“.
I detenuti – ha spiegato ancora Paci – “venivano fatti spogliare ed investiti da lanci d’acqua mista a urina“, così come a volte venivano praticate “violenze quasi di gruppo, gratuite e inconcepibili” perché pur riconoscendo il degrado della struttura e lo stress quotidianamente provato da detenuti e agenti, secondo il procuratore non vi può essere mai alcuna spiegazione che “legittima le violenze” in una struttura rieducativa.