La pandemia si è portata via pure il Transatlantico, leggendario salone della Camera dei deputati, sede dello “struscio”, la passeggiata maieutica degli onorevoli tra una votazione e l’altra. Adesso il salone è occupato dalle postazioni supplementari per le votazioni dei deputati: chiamasi distanziamento sociale, anche qui. E la sala che Craxi solcava a grandi falcate e De Mita con studiata lentezza sottobraccio ai giornalisti, ecco che si è trasformata in una specie di classe differenziata per peones che non trovano posto in aula.



E lo struscio? Si è spostato nell’attigua “galleria dei Presidenti”, un corridoio stretto e lungo coi divani rossi sormontati dalle foto degli ex presidenti della Camera. È qui che continuano a discorrere i pochi onorevoli che sfidano il virus e provano a parlare d’altro. Protagonista dei pochi capannelli di onorevoli mascherati è – guarda un po’ – di nuovi lui, Silvio Berlusconi, uno che il Covid l’ha visto da vicino e gli ha fatto marameo.



“Dialogo col governo? Pace nazionale? Affari di Mediaset? Al Cavaliere interessa il Quirinale” sentenzia Angelo Sanza, un ex Dc ora non più deputato, ma da queste parti sempre un’autorità. Intorno a lui assentono deputati mascherati tra cui un giovanotto grillino che sciorina la sua teoria: “Berlusconi avrà i voti delle destre e dei delegati regionali, e con quelli non ha problemi, perché alla fine Salvini e Meloni glieli daranno per prendersi FI e mettere al Quirinale un vecchio di quasi novant’anni che non darà ombra al loro governo”.

Un forzista si finge scettico, ma gli occhi già gli brillano mentre si immagina ricevuto al Quirinale per la colazione mattutina: “Ammesso che le destre ce lo votino compatte, beh, mancano comunque una sessantina di voti in quarta votazione…”. È ancora il giovanotto grillino a illuminare il futuro: “E Renzi dove lo mettete? I suoi voti sono per Berlusconi, non vede l’ora di mettere al Quirinale un simbolo della guerra ai magistrati. E poi ci sono i nostri fuoriusciti, un intero plotone: fatevi un giro al misto e vedete che Berlusconi ha più voti là che in Forza Italia”. Il fantasma di Silvio al Quirinale improvvisamente si fa di carne e ossa, e il capannello fugacemente si scioglie alla vista del vecchio cronista.



Ma il tema del Quirinale ormai entra nell’agenda nonostante pandemia, Mes, rimpasti e piani vaccinali. Tra un anno si dovrà votare il nuovo inquilino del Colle, e le grandi manovre sono belle e iniziate. Formalmente tutti invocano il bis di Mattatella, ma lui non ci crede, e fa bene. Renzi gliel’ha giurata: lui lo issò al Quirinale, e lui è rimasto solo nella gogna giudiziaria senza un gemito del Colle. Tra Dc sono cose che, si sa, contano. Nel Pd si considera il presidente uscente una carta di riserva dopo le ambizioni dell’eterna meglio gioventù, da Veltroni a Gentiloni e a Franceschini.

Ci sarebbe Conte, che pure ci fa un pensierino. Ma un suo collaboratore lo ha convinto che nemmeno a sinistra potrà passare l’idea di un nuovo presidente di centrosinistra con un Paese sbilanciato a destra e quasi tutte le regioni vinte dal centrodestra. Meglio un “inciucio” che imbrigli la destra su un suo candidato, il più innocuo possibile.

Chi più innocuo di Silvio, concavo e convesso, pronto ad abbracciare i comunisti che ieri voleva arrostire, a dare respiro a Conte, a blandire Salvini e Meloni, a sentire al telefono tutti i capi corrente del Pd manco fosse il suo partito?

A 86 anni suonati Silvione varcherebbe il portone del Quirinale promettendo le dimissioni dopo due anni, il tempo necessario alle destre per approvare l’elezione diretta del presidente.

E coi voti di renziani e grillini, e la finta indignazione del Pd, il librone autobiografico “una storia italiana”, distribuito da Berlusconi a tutti gli italiani nel 2001, si completerebbe con l’istantanea più ambita: l’approdo al Colle, un “happy end” in grado di cancellare i dolori e le umiliazioni del decennio passato.