Il toto-ministri rappresenta, per molti aspetti, qualcosa di simile al calciomercato, o addirittura al fantacalcio, per gli appassionati di politica. Come, peraltro, vale per lo sport più amato d’Italia, bisogna ricordarsi che come gli acquisti di calciatori non sono tali finché i contratti non sono depositate in Lega, così le nomine dei Ministri non sono tali finché il decreto non è firmato dal Presidente Mattarella.
Ciò premesso, una delle nomine considerate, a oggi, certe è quella che dovrebbe riguardare il ministero del Lavoro. La scelta del Governo dei “Patrioti” dovrebbe, per questa casella, ricadere su un “tecnico” come Marina Calderone, attuale Presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro.
In questo quadro è, forse, utile capire meglio chi sono i consulenti del lavoro. Prima di tutto per svolgere oggi la professione è necessaria la laurea triennale o quinquennale in Giurisprudenza, Economia o Scienze Politiche, ovvero il diploma universitario o la laurea triennale in consulenza del lavoro. È richiesto, inoltre, un periodo di praticantato di diciotto mesi da svolgere presso uno studio professionale di un consulente del lavoro. Dopo il praticantato è, quindi, necessario superare un esame di Stato. Già dall’inizio degli anni ’80 ci si è, in questo quadro, attivati per ottenere un percorso universitario dedicato.
Dal punto di vista poi prettamente numerico i consulenti del lavoro in Italia sono circa 26.000, hanno 80.000 dipendenti, amministrano 1.200.000 aziende con 8 milioni di addetti. Gestiscono, quindi, personale dipendente per un monte retribuzioni di circa 300 miliardi all’anno, redigono 1.400.000 dichiarazioni dei redditi ed esercitano funzioni di conciliazione o di consulenza di parte o di consulenza tecnica del giudice in oltre 160.000 vertenze di lavoro.
È, quindi, opportuno sottolineare come, nel nostro Paese, l’intervento professionale del consulente del lavoro si collochi generalmente nell’area della consulenza alle MPMI (micro, piccola e media impresa) che caratterizzano il nostro tessuto produttivo con una particolare specializzazione nella gestione dei rapporti di lavoro e delle risorse umane che rappresentano, molto spesso, il vero fattore strategico di sviluppo del Paese.
Se le voci di mercato saranno, insomma, confermate dai “fatti” concreti rappresentati dalle nomine dei prossimi giorni, vi potrebbe essere la preziosa occasione di portare, attraverso la “cooptazione” del Presidente di un importante ordine professionale, dentro le “stanze dei bottoni” del Governo un importante contributo “tecnico” utile a riscrivere le regole del mercato del lavoro adeguandole alle grandi sfide epocali che stiamo affrontando.
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