Mentre l’Occidente vive ore di paura a causa della crisi ucraina, in Italia l’argomento più richiesto sul web, dopo le ricerche dedicate alla guerra, è quello inerente la presunta separazione di Francesco Totti da Ilary Blasi. Presunta non solo perché l’ex numero 10 della Roma ha categoricamente smentito le voci di flirt e tradimenti che avrebbero funestato la coppia, ma anche perché in fondo i bookmakers inglesi – sempre pronti a scommettere su tutto – giudicano improbabile una vera e propria rottura.
C’è da chiedersi, al di là di come stiano davvero le cose, il motivo di tanto interesse da parte della gente per il destino della coppia. È fuori discussione che quella tra Totti e Ilary sia stata fin dall’inizio una grande favola, una storia in cui tanti si sono identificati come modello di ogni aspirazione affettiva: un amore puro, che sopravvive alle finzioni del mondo dello spettacolo e che si nutre di grandi gesti romantici. In questi vent’anni il Re e la Regina di Roma hanno incarnato la possibilità che l’amore vero esista, che il bene abbia un suo riconoscimento e una sua forza, capace di portare frutto e di realizzare la magia di una coppia invincibile.
La sola ipotesi che quell’unione sia composta da esseri umani che con le loro forze non si riescono ad amare del tutto e per sempre, presagendo problemi e ipotetiche rotture, ha fatto sì che si scatenasse il panico, non tanto per loro, quanto per chi su di loro aveva investito una speranza o un desiderio, per chi avvertiva il pericolo di veder naufragare il modello e il mito scelto per rappresentare l’amore che vince e che non teme il passare del tempo o l’avvicendarsi delle circostanze. Pensare che Francesco e Ilary possano lasciarsi equivale a congedare una pagina importante della storia collettiva del nostro paese, accettando l’emergere di un senso di esclusione dalla felicità che si manifesta come paura e destino: se anche loro hanno sperimentato l’infelicità, allora per me non c’è più alcuno scampo.
Quello che manca in tutto questo è la consapevolezza che l’amore chiede un lavoro, che il bene non è statico ma si appoggia sulla solidità dell’Io, al punto che se niente tiene in piedi me, niente potrà dunque tenere in piedi neppure noi.
Nella società dell’immagine finiamo per delegare la nostra consistenza all’opera di qualcun altro, dimenticando che ogni storia è un cammino anzitutto per noi, per la maturazione di ciò che siamo e che potremmo essere. Possiamo guardare naufragare tutto, anche la coppia migliore, solo se noi siamo ben piantati su un terreno che è quello della consapevolezza e della radicalità, della gentilezza e del mistero.
A Totti ed Ilary non si può che augurare che quanto di difficile stia accadendo fra loro sia l’occasione di un nuovo inizio, di una verità più profonda e sincera. Per tutti noi, invece, non resta altro che auspicare che la strada percorsa risulti – alla prova dei fatti – più evidente di ogni mito, più desiderabile di ogni favola.
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