Cresce sempre di più il numero di aziende quotate internazionalmente che decidono di abdicare alle campagne di politiche inclusive woke – negli USA sintetizzate con la sigla DEI -: l’ultima in ordine temporale è stata la giapponese Toyota Motor Corp che è finita al centro degli attacchi (assieme ad altre competitors automobilistiche) dell’attivista americano Robby Starbuck che solo pochi giorni fa aveva convinto anche la famosa Harley-Davidson ad abbandonare le campagne sociali a favore dell’inclusività, sottolineando che i clienti del marchio erano poco inclini ad accettarle con l’ovvia conseguenza che ne avrebbe indebolito le vendite.



Soffermandoci su Toyota, le critiche mosse da Starbuck muovono più o meno nella stessa direzione e puntavano a far boicottare il marchio giapponese se non avesse fatto un passo indietro: questo alla fine (dopo alcune settimane di silenzio) è arrivato e proprio in questi giorni è stato annunciato – con un circolare interna che ha visionato Bloomberg – che d’ora in avanti l’azienda ridurrà “le nostre attività comunitarie” a favore della popolazione Lgbt, riorientando i finanziamenti “all’istruzione STEM” per coltivare i nuovi talenti del futuro.



Toyota abbandona i programmi woke: la dura risposta dell’associazione pro-Lgbt

Toyota – insomma – abbandonerà le campagne sociali cosiddette woke, non sponsorizzando più gli eventi della comunità Lgbt ed interrompendo addirittura la collaborazione con il gruppo Human Rights Campaign che stila una sorta di classifica delle aziende più inclusive: secondo i vertici aziendali – cita senza Bloomberg – attorno alle campagne DEI ci stava sviluppano “una discussione altamente politicizzata” che stava inquinando sempre di più il dibattito.

Interessante notare due aspetti: innanzitutto che subito dopo gli attacchi di Starbuck Toyota si era (mezza) difesa sottolineando che le campagne pro-Lgbt erano tutte sviluppate da aziende o enti esterni che collaboravano con il marchio; ed in secondo luogo che dopo l’annuncio della rimodulazione dell’impegno DEI è arrivato il duro commento della già citata Human Rights Campaign che ha messo in guardia Toyota (e le altre aziende che l’anno preceduta) dagli effetti del ritiro dai suoi programmi.



Human Rights Campaign – infatti – ha criticato l’azienda giapponese chiedendo ai suoi seguaci e sostenitori di boicottarla per essere uscita dal Corporate Equality Index: “Le decisioni miopi di abbandonare le iniziative DEI – hanno scritto i vertici dell’organizzazione in una mail citata sempre da Bloomberg – avranno un impatto negativo duraturo” man mano che crescerà il numero di persone che “si identificano come Lgbt”.