Sui social gira un bellissimo video (con relativa canzoncina) che prende in giro il Pd che vuole essere di sinistra “ma non troppo”, verde “ma fino ad un certo punto”, per la pace “ma anche un pochino per la guerra” e avanti così. La realtà vera è che in Italia – da trent’anni in qua – il peso politico-elettorale del centrosinistra e del centrodestra più o meno si equivale e quindi vince chi riesce a mettere insieme i pezzi sparsi meglio dell’avversario e superandolo in volata, magari anche solo per il tempo di una campagna elettorale.



Dopo che il fu M5s si è ridimensionato ad essere sottocorrente del Pd – checché ne dica Conte –, è evidente che proprio per i democratici – con l’eterno problema della “sinistra ma non troppo” – si pone il problema di trovare un modo convincente per aggregare, direttamente o almeno nella coalizione, quell’elettorato moderato che sta più o meno a metà strada e che, se conquistato, permetterebbe a Schlein & co. di raggiungere, appunto, l’agognata maggioranza.



Serve quindi quel “centro un pochino di sinistra” da arruolare in qualche modo per convincere il voto moderato.

“Elementare, Wadson!”, si dirà, ma il problema è che sono in tanti a proporsi come facilitatori, leader, confederatori, unificatori e geometri per costruire quel “qualcosa di sinistra” che però guardi al centro (o viceversa) perché – diciamocelo chiaramente – essere l’ago della bilancia è il sogno proibito ed agognato da ogni politico che (ma per ragioni solo ideali, per carità!) riesca a piazzarsi al momento giusto sul ponte di comando di quel magari piccolo, ma fondamentale bastimento.



L’area quindi è sempre affollatissima di vecchi e nuovi potenziali candidati e altri ne arriverebbero non appena soffiasse un venticello, magari anche solo leggero ma di tendenza, che segnali difficoltà per la premiata ditta Meloni & co. Giusto per essere chiari, non ci vedreste magari una come la Letizia Maria Brichetto Arnaboldi (in arte Letizia Moratti), a fare un piccolo ri-ri-riribaltitino se gliene si offrisse l’occasione e soprattutto l’opportunità?

Ma torniamo a chi, capi, capetti o aspiranti tali, naviga nell’area occupando posizioni che sembrano semplici e si guardano intorno. Tanto ormai l’80% degli italiani sono “liberal-democratici” e quindi potenzialmente arruolabili, visto che il termine non dice più assolutamente niente, ma può anche rappresentare praticamente tutti.

Dunque, capetti che per prima cosa devono sgomitare per tenere o conquistare posizioni. Abbiamo visto passare la stagione del duello Calenda-Renzi, ma altri astri salgono nel cielo.In primis il sindaco di Milano Beppe Sala, che a 18 mesi dalla fine del suo mandato annusa già l’aria per capire dove e con chi schierarsi, ma anche – fresco fresco – quel talentuoso Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate, che da qualche giorno si è di fatto proposto come possibile federatore. Il diretto interessato smentisce (e quando mai uno non smentisce?) ma in politica smentire oggi e confermare domani è un gioco da ragazzi. Sala lo considera “una persona di grandissimo valore” e “decisamente bravissimo”, ma bisognerebbe sapere che cosa effettivamente ne pensi in privato, perché – alla lunga – sarebbe un potenziale concorrente.

L’altro ieri Sala sosteneva che “pensare che Ruffini possa avere la forza per fare il leader di quest’area significa volergli male”, il che – tradotto dal politichese – potrebbe significare “Giù le mani, lì voglio già andarci io” . Tanto più che subito dopo il sindaco di Milano ha soggiunto: “la questione non è trovare il federatore, la questione vera è trovare i compagni di viaggio, persone che credano in questi valori e che possano scambiarsi la guida in una forma di governance”.

Se siamo già ai “valori” siamo quasi a posto, ma il seguito della frase è oscuro, anche perché Calenda non potrà rimanere in silenzio visto che presidia l’area da tempo, tuttora separato ma in attesa di partner. Il vantaggio di stare al centro “ma un pochino di sinistra” è che si può infatti sostenere tutto e l’esatto contrario, in un ragù dove le varianti della ricetta sono infinite a seconda della parrocchia di provenienza e di arrivo, e si è ben visti “a prescindere” da una infinità di commentatori e gazzettieri.

La Schlein osserva compiaciuta ma già anche un po’ preoccupata, perché se poi il sinistra-centro-sinistra nascesse davvero o lei si piazza subito sul ponte di comando o dovrebbe far navigare il suo Pd su posizioni più chiare e quindi, fatalmente, più a sinistra, con il rischio di perdere pezzi dentro e fuori il partito.

Difficile come sempre tenere insieme i sacri princìpi della famiglia con i LGBTQIA+ ma, grazie anche ai media compiacenti, ci si può sempre provare: Parigi val bene una messa.

Comunque con il nuovo anno la campagna-acquisti sarà ufficialmente aperta, da Letta a Rosy Bindi (co-sponsor di Ruffini) ci si guarda in giro, magistrati disponibili e arruolabili si trovano sempre, così come le testate amiche, magari sperando che intanto la Meloni e la sua corte abbiano qualche inciampo: sperare non costa niente e fa passare bene le feste.

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