Che la storia sia un brutto scherzo che i vivi giocano ai morti è una massima di Voltaire che dovrebbe essere scolpita nel marmo, così come certi aforismi di Wilde, perché concentra in due parole delle verità rivelate. Viene usata dappertutto e, specie ai tempi nostri, si è arrivati al punto di non capirci più nulla e, nella quantità industriale di notizie che i media e i social ci sottopongono continuamente, viviamo un rullo di tamburo continuo che alla fine, vista la sua quantità e assordante rumore, provoca la resa di masse sempre più grandi e il loro assoggettamento a verità rivelate che in molti casi assumiamo anche per la pressione continua a cui veniamo sottoposti pure nel giro delle nostre amicizie, dove ormai non ci si confronta più civilmente ma attraverso concetti ripetuti all’inverosimile come principi basici nei quali chi pensa differente è da considerarsi un nemico e va eliminato dalla cerchia delle nostre conoscenze.
Lo abbiamo visto nell’emergenza sanitaria che ci investì due anni fa, lo vediamo nella situazione geopolitica attuale dove il pensiero unico emerge e divide poi su una gran quantità di altri temi attraverso una visione del mondo distorta rispetto non solo alla storia, ma pure alla natura.
Come commentavamo in un recente articolo questo fenomeno ha portato alla creazione di poteri che si sono basati (e si basano) su questo principio e ci portano a credere favole che sono tali e frutto della fantasia di chi vuole giustificare il proprio potere: bisogna dire che su questo noi italiani abbiamo dato i natali al suo creatore moderno (geniale, bisogna riconoscerlo) che all’inizio degli anni ’30 scriveva come “una bugia, ripetuta 20 volte, si trasforma in una realtà”.
Era Benito Mussolini, che scrisse questa frase in un suo articolo giornalistico che Goebbels lesse con attenzione e ammirazione fissando questo principio come dogma numero uno del suo potere: ma molti altri, poi lo applicarono e continuano a farlo. Vedi Peron in Argentina, come abbiamo scritto, dove con il trascorrere degli anni la cosa ha assunto il ruolo di caratteristica principale del movimento che ormai, in Argentina, dura da più di 70 anni: ma anche nel resto del Sudamerica non mancano esempi di quello che viene definito il “relato”, letteralmente la favola o il racconto con il quale viene spesso distorta la realtà storica. Al punto tale che per essa si giustificano crudeltà inaudite e gli oppressori vengono considerati vittime: l’ultimo caso riguarda le violenze che ormai da molti anni investono la Patagonia, sia quella cilena che argentina, a causa delle violenze attuate da movimenti terroristici legati all’etnia Mapuche che, con le loro occupazioni di vasti territori, pretendono di fondare una nazione propria, anche quando gran parte dei presunti possedimenti sono stati sottratti nel passato ai loro legittimi nativi attraverso persecuzioni e stragi che li hanno estinti.
Il fenomeno è iniziato circa una decina di anni fa, visto che fino ad allora la convivenza in questo bellissimo angolo di mondo era stata assolutamente pacifica e con rari problemi che si verificavano ogni qual volta imprenditori globali si compravano dai vari Governi tenute spesso vastissime dove vivevano gruppi mapuche (ma anche di altre etnie) che venivano cacciati da luoghi dove si erano stabiliti.
Se osserviamo attentamente una mappa stilata all’inizio del XVI secolo, vediamo chiaramente come l’attuale Patagonia argentina fosse dominata al Sud (terra del Fuoco) dagli Selkham e Amanas e verso Nord praticamente quasi tutta abitata dai Tehuhelces con minoranze Pehuhences e Puhelces verso Ovest, ai confini dell’attuale Cile. Solo successivamente i Mapuche, originari del Cile, si espansero e in pratica distrussero l’intera etnia Tehuhelche, occupandone le stesse terre di cui ora pretendono impossessarsi addirittura per fondare una nazione.
Va da sé che, specie in Argentina, l’attuale Governo sia sostanzialmente d’accordo con questa distorsione storica e non solo per anni non ha perseguito atti terroristici compiuti da sedicenti movimenti di liberazione (da che cosa non è dato capire, visto che le etnie native non sono resuscitate), ma solo recentemente, vista la gravità della situazione che ha investito non solo paesi ma pure istituzioni come scuole e municipi, è intervenuta la Gendarmeria con azioni che però si sono limitate a momentanee liberazioni delle terre. Però legittimando le pretese di un movimento di usurpatori: così come ha fatto, iin Cile, il Governo di Gabriel Boric che, nel suo manifesto elettorale aveva completamente appoggiato la questione. Ma una volta eletto una serie di attentati (206 nel solo 2021) che hanno investito anche la sua ministra dell’Interno Itzkia Siches, gli hanno fatto compiere una retromarcia sul tema: e questo nonostante, lo ripetiamo, i Mapuche siano originari proprio dell’attuale Patagonia cilena.
Quello che viene da chiedersi è il perché di un sostanziale recrudescenza della questione negli ultimi anni e anche il mistero sulla panzana storica che, almeno nel lato argentino della problematica, continua a essere bevuta come “verità rivelata”.
Il fatto è che, secondo il nostro pensiero, la Patagonia da terra “dimenticata” e ai margini del pianeta si è trasformata negli ultimi 30 anni non solo in un gigantesco business turistico che affascina mezzo mondo, ma pure in una fonte di ricchezze minerarie e non praticamente incalcolabili e in un bacino d’acqua tra i più grandi della Terra, che ha attirato e sta tuttora interessando diverse potenze straniere che, più in là di trattati con Cile e Argentina, vorrebbero monopolizzare i territori a loro uso e consumo perché vitali anche alla loro sopravvivenza energetica ed economica. Ecco quindi spiegato come mai circa 15 anni fa la Cina in pratica monopolizzò l’economia della Regione argentina del Neuquen in cambio del ripianamento del suo debito: non solo utilizzando le sue immense distese per coltivare la soia, ma pure installandoci una base che venne spacciata per “astronomica”, ma che alla fine si rivelò militare. E anche la Gran Bretagna ha puntato la sua attenzione in questi luoghi: sarà un caso, ma il leader politico (lonko in linguaggio indigeno) Mapuche della comunità di Pu Lof che he compiuto attentati in ambedue le nazioni, poi arrestato in Cile estradato in Argentina e successivamente liberato per intervento del Presidente Alberto Fernandez si chiama Jones di cognome e ha origini britanniche profonde.
Bisognerà vedere come, a partire dalla fine del 2023, il Governo argentino che si formerà dopo elezioni che dovrebbero sancire la disfatta dell’attuale dicastero peronista e kirchnerista, affronterà una questione che è vitale per i suoi interessi non solamente territoriali ma anche economici stabilendo finalmente un dialogo costruttivo con le diverse etnie, che permetta il ritorno a una convivenza pacifica e un arricchimento culturale che possa ampliare il concetto di una nazione che, attraverso la massiva emigrazione, nel corso di 200 anni ha creato un “melting pot” etnico davvero invidiabile. Il tutto in sintonia, finalmente, con il vicino Cile.
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